LECCE – L’impoverimento delle famiglie e l’aumento dell’emarginazione in una società altamente competitiva fa crescere i numeri degli ultimi: senzatetto e famiglie che non possono permettersi un alloggio e una vita dignitosa. “La povertà avanza e ha travolto Lecce a causa della disoccupazione crescente – spiega Don Attilio Mesagne, responsabile della Caritas diocesana – Intere famiglie vanno avanti con 300 euro o con pensioni da 600 euro: la situazione è drammatica. Poi, noto anche strane incongruenze. Troppi capifamiglia agli arresti domiciliari: se non lavora nessuno, come fanno a mangiare 4-5 persone per nucleo familiare? Nelle zone San Pio e 167 si è incancrenita la situazione. Dislivelli sociali pericolosi che peggiorano, creando droga, sballo e criminalità. Le mense per poveri si affollano sempre di più: il 50 per cento sono salentini. Ci sono poveri di tutti i tipi, anche i nuovi poveri divorziati”. Il polso della situazione ce l’ha chi lavora sul campo ogni giorno: al di là della “retorica della crescita”, fatta di comunicati di propaganda politica, che spesso utilizzano dati macroeconomici in maniera faziosa, la realtà in questo lembo di profondo sud è molto diversa. La morte di un senzatetto, avvenuta ieri in una casa abbandonata, può essere l’occasione per riflettere e stimolare le istituzioni a intervenire. Per quanto riguarda i senzatetto, gli interventi maggiori sono messi in atto dalla chiesa, con fondi propri e provenienti dalle donazioni. Le famiglie in attesa di alloggio popolare, invece crescono sempre di più (solo a Lecce sono circa mille) e, quando non occupano, sono incatenate ad attese infinite per ottenere residenze costruite con soldi pubblici. Ma è in arrivo un altro esercito, come spiega Don Attilio Mesagne, quello degli sfrattati: secondo le stime della Chiesa, sarebbero oltre duemila.
Tutto è ancora nelle mani dei volontari. Lo Stato fa poco e i comuni, nella maggior parte dei casi, agiscono lentamente. Inoltre, c’è il sospetto che la politica leccese abbia usato chi è ai margini per alimentare il consenso in cambio di case popolari: la magistratura chiarirà anche questo aspetto. Senzatetto e famiglie in difficoltà vengono aiutati dalla Caritas diocesana, con mense e alloggi. Il 9 dicembre 2012, è stata inaugurata la Casa della carità in pieno centro storico, fornita di 30 posti letto per uomini, in Corte Gaetano Stella. Poi c’è la Casa Emmaus, dotata di 20 posti letto per donne, vicino alla parrocchia dell’Idria. Ci sono anche le strutture di decentramento: Casa San Vincenzo de Paoli, in via Colonnello Costadura 43/a, con 20 posti per uomini; il Centro San Massimiliano Kolbe, in via Pistoia, e 10 posti letto del servizio della chiesa di Lecce, che consiste nell’ospitare gli indigenti senza dimora dopo il ricovero in ospedale. A questo bisogna aggiungere cinque strutture di mense e 4 punti ristoro serali: la Caritas diocesana offre 450 pasti ogni giorno tra colazione pranzo e cena. “Mille famiglie attendono la casa e oltre duemila sono in odore di sfratto”. Ci sono anche gli empori della solidarietà, per cibo e vestiti. Tutto è in piedi grazie all’otto per mille e alle offerte dei privati: sono le uniche risorse che percepisce la Caritas. “Non riceviamo sovvenzionamenti statali, perché per ricevere 30 euro sicuri per ogni ospite devi accogliere solo immigrati, ma noi abbiamo tanti salentini a cui pensare”- chiosa Don Attilio. Paradossi di casa nostra: gli immigrati sono sostenuti dallo Stato, i senzatetto e le famiglie indigenti italiane un po’ meno, quindi, se non ci fossero le associazioni della Chiesa, questa gente non avrebbe rifugi e pasti caldi.
Tutto si trascina in un’emergenza infinita, senza risposte serie e definitive per gli ultimi: eppure vengono spesi tanti milioni per l’edilizia residenziale pubblica. I conti non tornano, ma potremmo prendere esempio almeno dai comuni virtuosi: nell’Emilia-Romagna, ad esempio, hanno apposite leggi per togliere la casa popolare a chi non ne ha più bisogno (perché ormai occupato e con un buon reddito) per darla a chi è in lista d’attesa. L’Italia dovrebbe essere in grado di dire basta con le case popolari a vita, con i finti indigenti, con le occupazioni malavitose e con liste che non scorrono mai. Ci vorrebbe una politica un po’ più sana e meno clientelare.
Gaetano Gorgoni
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