In una cittadina vicina a quella di residenza di Chicoa Nar, Brama e Norma, viveva un bambino, di nome Regolo.
Regolo, purtroppo, aveva dei problemi, problemi visivi ai quali nessuno era mai riuscito a trovare una soluzione.
Non ci si riusciva, perché il difetto non era fisso: a volte vedeva, a volte no. In altri casi aveva come delle visioni, vedeva cose che non c’erano, cose che, probabilmente, erano il riflesso della sua immaginazione, ma che per lui erano reali come non mai e influenzavano le sue risposte alle stimolazioni ambientali.
I medici non riuscivano a precisare di che difetto si trattasse, era diventata la sfida del secolo tentare di aiutare questo bimbo, anche perché i suoi occhi erano, oggettivamente, sani.
La soluzione al rompicapo fu affidata, perciò, ai grandi luminari della psicologia e ad altri ricercatori, ma nulla! Regolo era sanissimo, era una realtà sotto gli occhi di tutti.
Anche sotto quelli di Norma, che era una sua compagna di classe, l’unica che lo facesse sentire un bambino normale, non un oggetto di studio.
Come faceva? È molto semplice! Era se stessa, tranquilla, gioiosa, pacata, normale, con un pregio in più: lei sapeva qual’era la malattia di Regolo, un depotenziamento delle facoltà visive, alternato a delle elaborazioni mentali, preposte alla scienza, che sarebbero dovute rimanere tali, ma che, in qualche modo, venivano proiettate.
Sapeva anche da cosa erano causate: da delle gocce inoculategli da tempo, che si erano sedimentate sulla retina, anche se non sapeva come.
Regolo la ascoltava volentieri e giocava con lei, poi era l’unica a sapere cosa avesse. Nessuno credeva ai due, sembrava una spiegazione troppo inverosimile e semplicistica al tempo stesso.
“Vedrai che, con l’aiuto dei ricercatori, un giorno troverò il modo di aiutarti e di toglierti quelle brutte gocce cattive” – gli diceva Norma, cercando di tranquillizzarlo.
“Non temere!” – rispondeva Regolo – “Aspetterò! Sono certo che manterrai la parola!”.
Di sicuro Norma l’avrebbe mantenuta, il problema, però, era che gli scienziati, ben consci delle sue potenzialità, non le credevano. Nessuno le dava credito, nessuno tranne Chicoa Nar, che aveva ben motivo di crederle invece.
Lui sapeva che era vero quello che diceva, sapeva cosa c’era dietro, conosceva la storia dei due bambini e aveva anche compreso l’inganno e l’infingardia di Brama, sua moglie.
Sapeva anche che scatenare una sua reazione non gli sarebbe mai convenuto.
E allora? Che fare? Paventare una soluzione ai bambini o … sfruttare la scoperta per liberarsi della moglie, come lei stessa aveva promesso e poi utilizzare i due ignari per ricostruirsi una fama e tanti soldini?
Cattivello, e un po’ di più, lo era anche lui, per cui … delle due, la seconda!
Avvicinò, quindi, Norma all’uscita dalla scuola e, con la scusa di voler costituire una fondazione pro Regolo, le propose di collaborare per la scoperta della soluzione. Brama era con lui, per assicurarsi che il marito lavorasse al suo premio Nobel, non sapendo quali fossero le sue reali intenzioni.
Norma, però, con le facoltà che, per forza di cose, si ritrovava, visualizzava intorno a loro delle onde energetiche strane. Questo, unito ad una sensazione poco piacevole, la faceva optare per il no.
Un no che si reiterava di fronte ad ogni tentativo di Chicoa Nar e di Brama di attrarla a sé, con la promessa di un’ottima esperienza professionale, irripetibile, unica nel suo genere, di onori, fama, gloria, nobili intenti, ma niente, niente davvero riusciva a convincerla, il suo era un no deciso.
“Tu! Tu sei proprio un buono a nulla!” – inveiva Brama contro il marito, puntando il suo indice verso di lui – “Non riesci neanche a convincere una bambina, quella bambina, e tu lo sai. Dovrò pensarci io, come sempre in tutta questa situazione!”.
“Ma cara …”.
“Zitto, ormai ho deciso. Non assisterò più inerme alla tua disfatta, adesso entrerò io in azione!”.
“Sono certo che farai un ottimo lavoro” – per lusingarla e farla tacere.
“Dì pure eccellente mio caro, eccellente!” – rigirando la sua coda di volpe di pelliccia, cosa che sapeva benissimo urtare il marito.
Lui, fingendo di apprezzare quel gesto : “Certo cara, cosa sarei senza di te?” – mentre borbottava tra sé – “L’uomo più libero, ricco e famoso del mondo sarei, questo sarei brutta strega!”.
“Hai detto qualcosa?” – domandò lei.
“No, no, nulla. Lodavo la tua beltà e il tuo fine udito, degno delle gocce da cui tutto è scaturito”.
“Di più Chicoa Nar, di più, molto di più”.
Il giorno dopo, Brama si presentò da sola alla scuola di Norma e chiese alla preside di poter parlare ai ragazzi di un progetto scientifico: la fondazione pro Regolo.
Regolo si sentiva imbarazzato, ma, allo stesso tempo, lusingato da questo impegno che prendevano nei suoi confronti per aiutarlo e sperava, veramente, nella collaborazione di Norma, che, guardando la speranza insita nell’amico, pur sapendo che non era veramente per un intento benefico, accettò.
“Male che vada …” – pensava tra sé – “ … avrò aiutato un amico e magari cercherò di raccogliere delle prove a carico di quei due che, proprio non me la contano giusta, nascondono di sicuro qualcosa”.
“Hai visto? È stato semplicissimo” – disse Brama al marito.
“Non so proprio come ringraziarti Norma!” – esclamava Regolo alla sua amica.
“Certo cara” – rispondeva Chicoa Nar.
“Aspetta a farlo!” – replicava Norma a Regolo – “Vediamo come si evolveranno gli eventi!”.
Già, come evolveranno?
La risposta nella prossima, ed ultima, puntata.
Fine della terza puntata
Ogni riferimento a fatti, nomi, persone, situazioni, citazioni, è puramente casuale