Mille famiglie leccesi nel 2012 hanno chiesto aiuto alla Comunità Emmanuel e alla Caritas e hanno avuto accesso al progetto “Emporio della solidarietà“: un numero crescente che allarma gli addetti ai lavori. La crisi economica genera un aumento delle diseguaglianze sociali e della povertà, con il conseguente insorgere di modelli di marginalità sociale ed economica, nuove condizioni di povertà che coinvolgono sempre più famiglie leccesi. Padre Mario Marafioti, fondatore della Comunità Emmanuel, ricorda, nella conferenza di presentazione del bilancio sociale, che “bisogna ascoltare l’urlo che si leva dalla terra, bisogna saper rispondere alla domanda di aiuto e questo progetto riesce a dare buone risposte.
L’emporio della solidarietà non si limita a dare da mangiare alle famiglie indigenti, ma concede microcredito e finanzia piccoli artigiani e lavoratori per consentire loro di essere reinseriti nel mondo del lavoro. “Un aiuto concreto per reinserire le persone nel mondo del lavoro, grazie ad alcune aziende, come la Banca Popolare Pugliese, che mettono i soldi per finanziare alcuni progetti”, spiega Daniele Ferrocino, vice presidente della Comunità Emmanuel. Ma tra i principali finanziatori ci sono anche le istituzioni: Provincia e Comune di Lecce, una sinergia che permette di contrastare con efficacia l’indigenza dilagante a causa della crisi. Tutt’e due gli enti, oltre a stanziare 20 mila euro anui a testa, offrono risorse strumentali e umane per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Emporio.
Basta avere un reddito entro 7.500 euro annui per accedere al progetto, ma ci sono regole stringenti: bisogna produrre certificazione adeguata, ci sono controlli costanti per evitare truffe e attraverso un metodo all’avanguardia vengono formulate delle graduatorie trasparenti e veritiere. Il Bilancio Sociale, presentati ieri, presso l’istituto di Salute e Medicina Spirituale S. Ignazio Loyola sulla Lecce- Novoli, è un modo per rendicontare le risorse utilizzate, la loro provenienza i sevizi offerti e il numero dei beneficiari, ma è soprattutto un segno di speranza, ha spiegato Ferrocino, ““.