UGENTO (Lecce) – La Corte d’appello non fa sconti per i due imputati coinvolti, a vario titolo, nella sparatoria avvenuta a Torre San Giovanni (marina di Ugento) il 14 settembre del 2014. I giudici hanno confermato la condanna a 7 anni ed 8 mesi di reclusione per Francesco Romano, il 34enne di Gemini ritenuto il responsabile del ferimento del compaesano Vincenzo Coi, di 24. L’imputato, difeso dall’avvocato Giuseppe Presicce, rispondeva dei reati di lesioni personali aggravate e detenzione di armi.
La sparatoria (o meglio la gambizzazione come si dice nel milieu) si consumò nel bar “Otello” sul lungomare della nota marina. Le sequenze del ferimento vennero immortalate dal sistema di videosorveglianza. Nel cuore della notte Romano irrompe nel bar a volto scoperto. Punta la pistola all’altezza delle gambe del “rivale” aprendo il fuoco. Dopo aver esploso quattro colpi di pistola Romano si allontana tra il terrore dei clienti e dei proprietari. Coi viene trasportato presso l’ospedale di Tricase e sottoposto ad un intervento chirurgico. I carabinieri della Compagnia di Casarano, dopo un’indagine tanto veloce quanto risolutiva, bloccano Romano.
I controlli vengono estesi anche in casa dell’uomo dove i militari trovano pistole, munizioni e quasi un chilo di tritolo. Quando Romano varca la soglia del carcere è accusato di tentato omicidio. Successivamente, il Tribunale del Riesame riqualifica il reato in lesioni personali aggravate. Una vicenda oscura su cui le indagini non hanno mai definitivamente accertato l’effettivo movente nonostante gli inquirenti siano stati sempre convinti che la sparatoria si debba ricondurre a contrasti nella gestione di attività illecite. Imputato e vittima sono anche finiti a lungo sotto intercettazione ma le cimici non hanno mai fatto luce su questa rappresaglia finita nel sangue. Dalle indagini, però, sarebbe emerso che le armi ritrovate in casa di Romano sarebbero state consegnate da un elemento già affiliato alla Sacra Corona Unita.
I giudici, infine, hanno confermato anche la condanna a 8 mesi di reclusione (pena sospesa e non menzione) nei confronti di Luigi Molle, 29enne di Tricase, accusato di favoreggiamento. Avrebbe cercato di nascondere agli inquirenti l’identità di Romano nonostante conoscesse il responsabile di quel ferimento. Molle era difeso dall’avvocato Alberto Ghezzi. La vittima, invece, non si era costituita parte civile.
F.Oli.