di C.T.
LECCE – Sfruttando l’esperienza maturata negli anni nel contrabbandare sigarette e droga tra le due sponde dell’Adriatico, avrebbero gestito la tratta dei migranti con la complicità di gruppi criminali greci ed albanesi, incaricati di “reclutare” i migranti da trasportare in Italia.
Ha coinvolto sei brindisini ed un greco di origini irachene l’operazione “Caronte” della Guardia di Finanza che, nelle scorse ore, ha sgominato un gruppo criminale trans-nazionale dedito al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina via mare.
I militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce, dello Scico di Roma nonché della sezione operativa navale di Otranto – sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia di Lecce – hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare a carico dei sei brindisini e del cittadino greco, per il quale, trovandosi fuori dai confini nazionali, è stata avviata la procedura di rogatoria internazionale, finalizzata ad ottenere l’esecuzione di un mandato di arresto europeo.
In manette sono finiti: Cosimo Calò, 72enne di Ostuni; Antonio e Cosimo Massaro, padre e figlio, rispettivamente di 62 e 35 anni, di Brindisi; Francesco Calamo, 49enne di Fasano; Giovanni Carobotti, 49enne di Cisternino; Antonio Natola, 52enne di Fasano.
L’indagine delle fiamme gialle – coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Guglielmo Cataldi – ha avuto inizio nel 2014 e si è conclusa dopo oltre due anni, consentendo di accertare gli stretti rapporti di collaborazione instaurati tra la compagine degli ex contrabbandieri e numerosi soggetti operanti in Montenegro, Grecia ed Albania: i primi si preoccupavano di reperire gli scafisti e le imbarcazioni da utilizzare per le traversate; i secondi, invece, di reclutare i migranti.
La proficua cooperazione internazionale tra le fiamme gialle, la guardia costiera ellenica, i funzionari doganali ciprioti e del Crime police department della polizia del Montenegro e dell’Albania, ha consentito di appurare l’esistenza di una complessa organizzazione criminale, composta in totale da persone di origini italiane, greche ed albanesi, che tra l’agosto 2014 ed il giugno 2015 avrebbero tentato di fare giungere sulle coste italiane – sei gli episodi contestati – oltre 150 migranti, prevalentemente siriani, ma anche iracheni e somali.
Gli accertamenti degli investigatori, inoltre, hanno consentito di ricostruire il tragitto seguito dai migranti: partiti dai rispettivi paesi di origine, raggiungevano la Turchia e da lì si spostavano in Grecia, dove i componenti dell’organizzazione provvedevano ad “ospitarli” in alcuni dormitori ad Atene, in attesa dell’imbarco. Giunto il momento della partenza, dunque, i migranti venivano trasportati con dei camion sulla costa, per poi essere imbarcati alla volta delle coste salentine. Per quest’ultima tratta il prezzo richiesto ad ogni migrante si aggirava sui 4.500 euro.
Ricostruito anche il “tariffario”: ogni scafista veniva pagato 10mila euro, mentre per ogni migrante trasportato in Italia l’organizzazione brindisina guadagnava mille e 500 euro.
Non è tutto. Nel corso delle indagini, infatti, è stato accertato che uno dei brindisini a capo dell’organizzazione avesse cercato di reinvestire parte dei proventi dell’illecita attività partecipando a gare pubbliche per l’acquisto di imbarcazioni dismesse dalla flotta della Guardia di Finanza, o altre imbarcazioni di pregio a prezzi vantaggiosi, utilizzando dapprima una società intestata al figlio con sede in Albania e successivamente prestanome e società compiacenti con sede in Montenegro, dove le imbarcazioni erano destinate per essere rivendute ad operatori commerciali del settore.