di F.Oli.

POGGIARDO (Lecce) – Padre e madre in “guerra” per l’affidamento della figlia appena nata e il contenzioso, dopo una lunga battaglia giudiziaria, viene vinto dal padre. E’ quanto stabilito dal giudice del Tribunale Civile Adele Ferraro che ha di fatto sancito la parola fine su una controversia tra i due genitori. Si tratta di una delle prime sentenze a Lecce che stabilisce il diritto del padre a poter crescere e sostenere una figlia. La vicenda umana di una bimba appena nata, purtroppo, si incrocia con il malessere e l’inquietudine di una giovane coppia residente tra Poggiardo e Ortelle che, a pochi mesi dalla nascita della figlia, decide di chiudere definitivamente la relazione sentimentale. Sarebbe stata la donna a troncare il rapporto “a causa del carattere violento del compagno”.
La vicenda giudiziaria viene avviata dopo la nascita prematura di Stefania (nome di fantasia) all’ospedale di Tricase a fine gennaio del 2017. Nel ricorso presentato dalla donna con cui chiedeva l’affidamento della famiglia, M.R., assistita dall’avvocato Salvatore Carluccio, ricostruisce quanto sarebbe accaduto. Lamenta che il padre, D.M., sia risultato assente durante il periodo di gravidanza e di essere stata costretta a lavorare per mantenere se stessa e garantire le opportune cure al nascituro. Il 10 febbraio, la bimba sarebbe stata portata via dal padre dall’ospedale e la madre decide di raggiungere la caserma dei carabinieri. Da quel momento il padre avrebbe assunto un atteggiamento sempre più violento nei confronti della ex compagna come accerterebbero denunce e referti medici.
Nel corso dell’udienza, il padre ha esposto la propria difesa assistito dall’avvocato Giovanni Montagna. La ricostruzione della donna è stata ribaltata integralmente. Nonostante la fine del rapporto sentimentale, D.M. si sarebbe prodigato ad accompagnare la donna in ospedale per far visita alla figlia dopo la nascita prematura. E’ stata fornita anche una differente versione su quanto accaduto il 10 febbraio quando l’uomo ha portato via la nascitura. A dire dell’uomo, quel giorno, era stato contattato dall’ospedale per la dimissione della minore e, vista l’assenza della madre, aveva portato con sé la piccola Stefania. In casa le avrebbe riservato tutte le cure e l’amore possibile supportato dai suoi genitori per l’acquisto di tutto il corredo necessario alla crescita della figlia.
Gli stessi assistenti sociali avrebbero riscontrato un positivo ambito familiare. La decisione del giudice ha poi sancito la bontà delle argomentazioni sostenute dalla difesa di D.M corroborate da una serie di indagini suppletive. Nell’ordinanza viene stabilito che la bimba debba continuare ad essere collocata con il padre con il quale ha sempre vissuto. Dalle relazioni trasmesse dai servizi sociali emergerebbe come l’uomo, anche grazie all’ausilio dei genitori conviventi, riesca in modo ottimale a far fronte alle esigenze della piccola. Quando, invece, il giudice affronta le condizioni della madre il quadro è a tinte fosche. “La rete familiare della donna non appare idonea a coadiuvare nell’accudimento della figlia che è impegnata per tutto il giorno dal lunedì al giovedì nell’attività di badante”.
La donna, nell’udienza dello scorso 21 novembre, aveva infatti garantito che un fratello e una zia sarebbero arrivati in Italia per poterla sostenere nell’accudimento della minore quando sarebbe andata a lavoro. In realtà, così come sottolinea il giudice, la zia non è mai stata rintracciata dai servizi sociali mentre il fratello venne trovato in grave stato confusionale per la massiccia assunzione di alcol dal servizio del 118 il 21 dicembre. “Tali circostanze” scrive il giudice, “impongono la permanenza della piccola per i giorni in cui la madre è occupata nel lavoro con il padre sostenuto dal proprio nucleo familiare di origine dal lunedì al venerdì pomeriggio.