ALESSANO-MOLFETTA – In viaggio da Lecce verso Alessano, noi dell’Istituto superiore di Scienze Religiose metropolitano di Lecce “don Tonino Bello”, orgogliosi di rappresentarlo. Tante le attese in quel percorso, durato poco più di mezz’ora, per incontrare Papa Francesco, giunto nella nostra terra, il Salento, che lega, oggi, la sua storia a don Tonino.
Il cielo, ancora scuro, pian piano viene illuminato da un delicato chiarore che, improvvisamente, lascia intravedere un’immagine unica: il sole, un cerchio perfetto, color arancio, compagno di questo percorso.
Finalmente ad Alessano, dopo aver superato posti di blocco e chiesto informazioni: siamo giunti al paese del nostro don Tonino. Certo, nostro, perché il suo nome è stretto come in un abbraccio al nostro istituto. Un nome che non è semplicemente un’etichetta, ma è un’identità. In quel nome ci si rivede, ci si rispecchia. Ci si sente partecipi di un modo cristiano di essere nella contemporaneità.
La nostra postazione non è delle migliori, i palchi, le tribune, i primi posti sono riservati alle autorità, a ‘chi più conta’. Ma noi non ci sentiamo diversi per questo, perché importante è esserci, far sentire la nostra presenza, che è testimonianza.
Come tante testate giornalistiche hanno informato, il papa è giunto ad Alessano alle 8.47, in elicottero, bianco come le nuvole che lo seguivano, bianco come il suo abito capriccioso alle folate del vento primaverile.
L’atmosfera è densa, l’emozione e la commozione che si leggono nello sguardo della gente che ci circonda è unica. Siamo il popolo del Salento, un popolo abituato al silenzio, alla fatica, a vivere ‘nel dimenticatoio’ della politica nazionale. Papa Francesco ha rivolto il suo pensiero ad un uomo della nostra terra, che sempre si è considerato uno di noi, uno tra noi: don Tonino Bello. E noi in quanto salentini respiriamo i timbri della sua spiritualità, dell’armonia delle differenze, del dialogo, della condivisione, del rifiuto dei segni esteriori del potere, per essere sempre, anche da vescovo, dalla parte dei più deboli, degli ultimi.
Diverse sono le modalità di partecipazione a quest’evento, diverse sono le possibilità offerte ad ognuno dalla sorte o dalla propria condizione. Diversi sono anche i modi di raccontare un momento: cronaca, attraverso un’esposizione precisa e professionale dei fatti, attenzione puntuale al discorso del papa, ricerca della registrazione e dell’immagine migliore.
Poi c’è l’altra parte, quella più ‘ai margini’, ‘non accreditata’, la ‘zona dei selfie impossibili’, ma giovane e fresca, ricca di un entusiasmo e di una genuinità che non appartiene a tutti, straripante di una forza trascinante.
Ne deriva il coinvolgimento emotivo e partecipativo e il dovere di dar voce anche a quei ragazzi degli ultimi posti e dal sorriso contagioso. Così come avrebbe voluto don Tonino, col suo sguardo attento ai giovani. È interessante ascoltare le impressioni calde e rese ancora più accese dal picchettare continuo dei raggi solari. È bello ascoltare la voce di un giovane studente dell’istituto di scienze religiose che, con lo striscione in mano, orgoglioso della su appartenenza, correva di qua e di là, seguito dai compagni di ‘viaggio’ per testimoniarne la presenza. Sì, perché per chi vive quell’istituto e lo frequenta ogni giorno, la formazione non è solo un mezzo per raggiungere il fine di un eventuale insegnamento, ma è anche consapevolezza matura della propria identità cristiana, che richiede impegno responsabile e partecipazione attiva.
Dai nostri microfoni, delle domande a quel giovane, Matteo Perrone, che ha sventolato in alto quello striscione come per dire: “noi siamo qui”, insieme ai tanti cartelloni che hanno avuto la ‘fortuna’ di essere inquadrati dalle tante telecamere.
Matteo, tu giovane salentino e studente dell’istituto di scienze religiose metropolitano di Lecce, cosa puoi dirci di don Tonino Bello?
«Se dovessimo trovare le parole giuste per descrivere l’operato di un uomo come don Tonino Bello, avremmo bisogno solo di sue termini: amore e semplicità. L’amore per la semplicità e la semplicità dell’amore si intrecciano nella sua storia».
Cosa significa per te questo giorno?
«Oggi, dopo venticinque anni dalla morte di don Tonino, grazie a Papa Francesco, abbiamo potuto rendere nuovamente vivo quel bel messaggio di amore e di comunione universale che pervade la storia degli uomini e della nostra Chiesa».
Qual è il messaggio?
«Abbiamo potuto nuovamente urlare il nostro disprezzo per le ingiustizie sociali; con don Ciotti abbiamo denunciato la corsa al potere che intrappola il cuore degli uomini in una gabbia. Abbiamo voluto testimoniare la nostra vicinanza ai deboli, ai poveri, agli emarginati e agli ultimi».
Cosa rimane di questa esperienza?
«È stata una giornata di pace, speranza e serenità: si respirava un’aria diversa, insolita, unica per questi tempi spesso lontani dal messaggio evangelico».
Come ti piace concludere?
«Noi giovani salentini accogliamo a braccia spalancate il messaggio di Gesù e di don Tonino, attraverso le parole del nostro papa Francesco: amare senza chiedere nulla in cambio e soprattutto fare la differenza: testimoni di fede e costruttori di pace».
Con un giro di domande registriamo anche l’impressione di Rita Leone “pellegrini nella nostra terra”, di Mariangela Miccoli, di Roberto e Dario Potì che parlano di “emozione che cattura il cuore”, di Giovanni Piccinno e Antonella Marzo che definiscono questo giorno “festa della pace: non una pace utopica, ma festa del sentimento. […] L’incontro tra Francesco e don Tonino è segno di una nuova evangelizzazione che trova nella loro testimonianza credibilità, che diventa forza attrattiva per l’uomo dei nostri tempi”.
E poi gli sguardi lucidi e i sorrisi di tutti i ragazzi, che aprono le porte alla speranza.
È coinvolgente e incoraggiante ascoltare queste parole da giovani, spesso protagonisti della cronaca nera. È la luce della fede a fare la differenza, che spinge al dialogo, alla condivisione e alla costruzione.
Don Tonino Bello udendo queste parole, guardando questi volti, di certo, sorride da lassù.
Non solo. Le nuove ‘piattaforme di comunicazione’ rendono possibile il passaggio dalla connesione alla relazione, che diviene comunione. Le distanza si abbattono, con un click, un messaggio, un post.
Alessano e Molfetta in contatto, foto, sentimenti, emozioni in uno scambio interattivo e partecipativo con la comunità della Parrocchia la Pietà di Brindisi, cutodita dai frati minori. Uniti nella condivisione della stessa esperienza.
Da Alessano a Molfetta, con papa Francesco e don Tonino Bello, che hanno riscaldato i cuori della gente del sud possiamo chiederci:
“Da questa sua amata terra che cosa don Tonino ci potrebbe ancora dire?”
“Gli piaceva dire che noi cristiani ‘dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione’, della gente che non separa mai preghiera e azione”.
«La libertà è un impegno per ‘contemplattivi’», sostiene, da Alessano, Emanuela Orlando, docente di filosofia teoretica dell’istituto; «commozione, movimento del cuore e vivere la santità» è, da Molfetta, il primo commento di Michele Carriero, docente di storia della Chiesa che aggiunge: «sentirla come respiro di Dio e gambe tese, mani aperte, cuore aperto verso i poveri, come me».
Studenti e docenti, impressioni ed emozioni, filosofia e storia per disegnare il cammino verso la ‘contempl-azione’.
E poi ci sono io con la mia passione, il giornalismo e la mia scelta, un giornalismo ‘di pace’.
D’un tratto, la concetrazione della scrittura viene interrotta dal rumore di un elicottero.
Il nostro sguardo è rivolto in alto, è papa Francesco, che va via…. Le braccia agitate nell’aria per salutarlo ancora, come se fosse un amico di sempre. L’elicottero esita un attimo e lui risponde, muove la sua mano che tocca idealmente la nostra. Il cuore sembra scoppiare. Siamo felici così! Felici di rappresentare il nostro istituto, felici di aver occupato gli ultimi posti e di aver raccontato questa esperienza, per molti unica.
In attesa, Padre, di stringerle la mano. Un sogno? Chissà!
Manuela Marzo