Il 16 aprile 1978 le immagini di quelle tre auto strette in un abbraccio mortale all’angolo tra via Fani e via Stresa fecero il giro del mondo.
Le auto del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro dove persero la vita i 5 uomini della scorta e dove lo stesso statista fu rapito dall’azione rapida e micidiale del commando delle Brigate Rosse hanno attraversato quattro decenni, diventando un simbolo indelebile di quell’attacco sanguinario al “cuore dello Stato”.
FIAT “130 berlina” Roma L59812 immatricolata nell’aprile 1973
Si tratta dell’auto blu sulla quale viaggiava l’On. Aldo Moro assieme all’autista Appuntato Domenico Ricci (MOVC) e al Maresciallo Oreste Leonardi (MOVC) il giorno del rapimento e della strage di via Fani il 16 marzo 1978.
La vettura, del peso complessivo a vuoto di 1,6 tonnellate, non era dotata di blindatura. Il motore da 3,200 cc erogava 165 Cv. Normalmente equipaggiata con cambio automatico a 3 rapporti, l’auto della scorta di Moro montava invece un classico cambio manuale a 5 marce.
La “130” si trova attualmente conservata presso il Centro Superiore Ricerche e Prove della Motorizzazione Civile di Roma in via di Settebagni, rilevata dopo il dissequestro da parte della Magistratura ed inclusa tra i veicoli che compongono il museo storico del centro.
Si trova in discreto stato di conservazione, con le ruote sollevate da cavalletti per evitare l’ovalizzazione dei cerchi. Colpisce immediatamente il foro di proiettile ben visibile nella parte superiore del parabrezza. Mancano entrambi i vetri dei finestrini laterali anteriori e quelli dei deflettori, andati in frantumi nell’agguato del 16 marzo 1978. Sulla fiancata destra sono visibili i fori di uscita dei proiettili che uccisero Domenico Ricci e Oreste Leonardi. L’interno della vettura versa in condizioni di conservazione peggiori, soprattutto a causa delle ispezioni degli inquirenti.
Manca il pannello dello sportello anteriore destro e la lamiera della 130 lascia scoperti i fori dei proiettili. Le tappezzerie dei sedili sono state tagliate in più punti, mentre lo specchietto retrovisore interno risulta staccato ed appoggiato al tunnel a fianco della leva del cambio, alla quale manca il pomello originale. Ancora affissi agli interni e alla carrozzeria i cartellini identificativi dei colpi esplosi dai brigatisti quella mattina di 40 anni fa.