Qualche giorno fa, Laura Castelli, la pentastellata sottosegretaria al Ministero dell’Economia, su Rai 3, a Cartabianca, ha affermato che i mutui non dipendono dallo spread. Il segretario del PD Maurizio Martina sostiene il contrario. Chi ha ragione? Qual è il vero rapporto tra i mutui e lo spread? Ma, prima di tutto, cos’è lo spread? Cerchiamo di capirci qualcosa.
Per esigenze di bilancio, lo Stato italiano chiede in prestito dei soldi ad investitori, cittadini, imprese o banche, impegnandosi a restituirli ad una certa data con interessi. Questi interessi vengono definiti rendimento, il quale dipende moltissimo dalla fiducia che gli investitori hanno, che, a sua volta, dipende dall’entità del debito pubblico (cioè dall’indebitamento complessivo che lo Stato ha nei confronti di chi gli ha prestato denaro) e dall’andamento dell’economia di quel Paese. E meno fiducia hanno gli investitori verso chi emette i titoli, più alto dev’essere il rendimento promesso. Ciò per attrarli e convincerli ad investire.
Lo spread, di cui si parla tanto, indica la differenza di rendimento tra i titoli di Stato dello stesso tipo di due Paesi. In Italia, lo spread fa riferimento alla differenza tra il rendimento dei Buoni del Tesoro Poliennali (Btp) con scadenza a 10 anni ed i corrispondenti Bund tedeschi. Attualmente esso è prossimo al 300%.
Vi chiederete il perché del confronto proprio con i titoli tedeschi. Semplice. Perché la Germania viene considerata un’economia solida e per tale motivo può offrire i propri titoli ad un rendimento più basso. In altri termini, i suoi Bund sono più appetibili perché meno rischiosi per l’investitore (una sorta di comportamento “prudenziale” finalizzato alla tutela degli investitori). Quando lo spread aumenta è perché i rendimenti delle nuove emissioni di Btp salgono più di quelli dei Bund e ciò si traduce in un calo di fiducia degli investitori nei confronti dello Stato, ad esempio, per via delle strategie economiche messe in atto dal Governo e poco, o per nulla, condivise dalle istituzioni e dai cittadini. Ci sarebbe da discutere sui motivi di tale manchevole condivisione: economici o politici? Ma se leggiamo qualche giornale o se seguiamo qualche trasmissione televisiva i dubbi svaniscono in un attimo.
Chiarito il concetto di spread vediamo come funzionano i mutui. Quando una giovane coppia che deve comprare casa si rivolge ad una banca per ottenere un mutuo, l’istituto propone mutui “a tasso fisso” il cui tasso d’interesse rimane uguale per tutta la durata del contratto e mutui a “a tasso variabile” il cui tasso d’interesse dipende da un particolare indice: l’Euribor, acronimo di Euro Inter Bank Offered Rate, ossia tasso interbancario di offerta in euro, che è dato dalla media dei tassi di interesse che le diverse banche europee adottano per i depositi interbancari, ossia i depositi tra banche, ossia, il costo dei prestiti che le banche si concedono reciprocamente. Quindi distinguiamo i mutui a tasso fisso da quelli a tasso variabile, i quali soltanto vengono calcolati sulla base dell’andamento dell’indice Euribor, il quale nell’ultimo anno, in Italia, ha avuto un’oscillazione dello 0,01%, che nulla ha a che vedere con l’aumento del 125% avutosi nello spread. E questo evidenzia una non correlazione diretta tra i costi dei mutui a tasso variabile e quello dello spread.
Allora, c’è un rapporto tra spread e mutui? Per rispondere a questa domanda dobbiamo approfondire l’analisi. L’Euribor può essere influenzato da due fattori: uno riguarda la Banca centrale europea (Bce), che, nell’ambito delle decisioni di politica monetaria, fissa il tasso d’interesse sui depositi delle banche presso di se. Le banche, infatti, depositano parte della loro liquidità presso la Bce, che paga loro degli interessi. Da giugno 2014 tale tasso d’interesse è negativo (per invogliare i risparmiatori ad investire piuttosto che a risparmiare, si giustifica la Bce).
L’altro fattore che può influenzare l’indice Euribor è fiducia reciproca dei mercati e delle banche. Al variare di tale reciproca fiducia variano i tassi di interesse e, di riflesso, varierà l’Euribor. Con un tasso d’interesse negativo sui depositi presso la Bce ed in un crescente clima di sfiducia finanziaria, le banche italiane, hanno difficoltà a raccogliere risparmi tra il pubblico e, per finanziarsi, dovranno promettere maggiori interessi ai risparmiatori.
Ecco come queste difficoltà delle banche nel raccogliere denaro sul mercato finanziario si potrebbero riflettere anche sui tassi d’interesse ai quali prestano i soldi ai loro clienti, quindi anche sui mutui.
Per concludere. Non c’è una diretta correlazione tra spread e mutui a tasso variabile, perché i tassi di interesse dei mutui, stabiliti dalle banche, non sono direttamente dipendenti dalle variazioni dei rendimento dei titoli di Stato, ma da un diverso indice definito Euribor. Un sottile legame tra spread e mutui, però, c’è. Lo spread viene percepito dal mercato come un indicatore della sfiducia degli investitori e dei mercati verso il sistema economico nazionale e quello finanziario, in particolare quello bancario.
La sfiducia evidenziata dall’aumento dello spread comporta per le banche, tra le altre conseguenze, anche la difficoltà di raccogliere capitali tra i risparmiatori. Per poter recuperare il denaro che devono pagare in più ai risparmiatori, le banche sono costrette ad aumentare i tassi d’interesse sui mutui concessi alla propria clientela.
Poco, c’entra, quindi, lo spread. Il resto è solo politica! E gli italiani non credo che vogliano far dipendere la loro vita da quella dei tedeschi. Sarebbe un clamoroso ritorno al passato.
Flavio Carlino