Abbiamo chiesto all’esperto di intelligence e terrorismo, Giovanni Battista Cervo, il perché dell’attentato di Strasburgo, dopo oltre un anno di pace, che ci ha fatto ricadere nell’incubo delle stragi dei così detti lupi solitari, all’indomani della tanto sbandierata sconfitta dell’ISIS.
A volte ritornano, parafrasando il titolo di una famosa saga dell’orrore di Stephen King, come nei suoi racconti, s’incontrano ogni genere di creature, esseri demoniaci, mostri che, saltando fuori dal profondo della notte, portano il terrore, così purtroppo, nella realtà si è ripetuto nuovamente un sanguinoso copione, la sera dell’11dicembre u.s. , con l’attentato al mercatino di Natale di Strasburgo, ad opera di un terrorista dell’ultima ora di nome Chérif Chekatt. Chérif Chekatt, era noto all’intelligence per la sua pericolosità, tanto da essere attenzionato nella schedatura con la sigla “fiche S”, ossia individuo che rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale.
Purtroppo l’attentato era prevedibile, vista la disgregazione dello Stato Islamico e la metastasi delle sue cellule ma, nel caso di specie, non poteva essere impedito, a causa delle informazioni frammentarie. In questi casi la prima mossa è sempre quella dei terroristi e le forze di reazione possono solo essere rapidissime nell’intervenire per tentare di circoscrivere e contenere l’evento criminale, successivamente altro non rimane che investigare analizzando gli indizi per ricostruire l’accaduto. Solo quando si avranno degli indicatori attendibili, precisi e concordanti, e le informazioni prodotte saranno ritenute con un alto grado di affidabilità, si potrà monitorare il fenomeno con contezza ed agire in via preventiva o con interventi mirati. Chi opera nella o per l’intelligence conosce bene queste realtà e deve essere fortemente motivato, in quanto gli errori e i fallimenti sono all’ordine del giorno e sempre visibili, mentre i successi il più delle volte vengono segretati: ad esempio, un attentato è un fallimento e fa statistica perché è successo, un’operazione coperta, che può sventare un attentato o altre attività speciali segrete che impediscono un evento, non fanno statistica, in quanto l’evento non si verifica e quindi non esiste.
I Servizi Segreti, quotidianamente diramano possibilità di attentati ma fortunatamente molte segnalazioni rimangono tali senza conseguenze; purtroppo, questo è il problema attuale dell’intelligence: un’ enorme mole di notizie, segnalazioni, dati che rimangono tali e solo le capacità di agenti operativi e analisti in grado di trovare e interpretare, in una giungla di dati, l’informazione giusta, può risolvere il problema.
Ma il discorso cambia in base allo scenario operativo, infatti, quando si opera in un contesto criminale o eversivo, che si fonda su elementi organizzativi e strutturali ben delineati, come ad esempio organizzazione e formazione per i gruppi terroristici o nel caso criminale, di strutturazione piramidale, orizzontale o pulviscolare, si può operare con ampi margini previsionali, per via dei dati storici e l’incrocio di informazioni sempre attuali: la situazione si ribalta e complica quando ci si deve misurare con cellule dormienti e lupi solitari. Le cellule dormienti non sono state un’ invenzione dello Stato Islamico, ma sono una eredità della guerra fredda dove alcune nazioni, operando in un contesto di guerra non ortodossa, al fine di condurre operazioni di sabotaggio o la neutralizzazione di elementi avversari, infiltravano nel paese bersaglio agenti, i quali si stabilivano conducendo una vita normale e con un basso profilo e, solo all’occorrenza, venivano svegliati per entrare in azione secondo le modalità operative per le quali erano stati addestrati. Il lupo solitario si attesta come momento di apparizione sul palcoscenico del terrore, alla fine degli anni 90, dove elementi fortemente ideologizzati e il più delle volte spontaneamente, uccidono più persone possibili tra le quali anche vittime casuali, attuando un terrorismo cieco e indiscriminato, mettendo appunto in atto un’azione casuale, ad effetto sorpresa e decisa al momento che, indipendentemente da ordini ricevuti, è finalizzata a compiacere il volere dell’ideologia servita: questa è la difficoltà nel prevenire.
L’attentato compiuto nel 2015, contro Charlie Hebdo, fu compiuto da agenti di una stessa cellula che facevano capo da anni ad una stessa rete Jihadista. Quindi, in questo caso , Al Baghdadi e la sua organizzazione non ha fatto altro che utilizzare la tecnica ben collaudata delle cellule dormienti, risvegliate per colpire i suoi nemici.
L’azione condotta dal Lupo solitario è meno complessa e sfrutta l’effetto sorpresa,
solitamente non comunica con il gruppo estremista e, se lo fa, agisce clandestinamente, esegue tutto da solo e qualche volta può avere un sostegno logistico da parte di elementi che ignorano le finalità del terrorista o simpatizzanti.
Una curiosità, anche per il lupo solitario il copyright non è detenuto dall’ISIS, ma il suo precedente storico risale agli anni 90 dove due militanti dell’estrema destra americana, Tom Metzger e Alex Curtis, coniarono l’espressione “lupo solitario”.
Anche se il terrorismo islamista, avendo perso il territorio, si è indebolito, rimarrà sempre un movimento in continua evoluzione, alla ricerca di nuovi spazi territoriali, poiché l’aver scompaginato la sua labile sovranità lo renderà inevitabilmente più aggressivo e molto più cauto nel non ripetere gli errori del passato. Il Califfato è pericoloso per il suo modello ideologico, punto di riferimento in molte zone del Medioriente ; il suo punto di forza è dato dalle forti basi religiose e da una dimensione messianica che esercita una forte attrazione su giovani menti che cercano una forma di aggregazione culturale estrema e risentono dell’attrazione che il terrore e la cieca obbedienza possono esercitare: come in una setta, vengono alterate le individualità per identificarle nel gruppo di appartenenza, dove tutti si sentono uniti e fratelli e, tramite questa adesione, ci si sente parte di una tribù che può assicurare il riscatto sociale dall’oppressione, il rispetto, la dignità e una nuova identità. Da qui alla radicalizzazione il passo è breve. L’attentato del mercatino di Natale potrebbe dunque rientrare in una strategia di “marketing del terrore” , infatti il terrorista non si è immolato ma aveva pianificato la fuga, questo denota una mentalità più vicina alla tipologia di un terrorista occidentale, anche se 48 ore dopo è stato lo stesso neutralizzato dalle forze di sicurezza; è riuscito comunque a nascondersi e al tassista che lo ha accompagnato ha giustificato l’azione sanguinaria come una ritorsione per vendicare i fratelli siriani, come a voler nobilitare il suo folle gesto, ma il messaggio principale è forte e chiaro: “Noi siamo ritornati” . Questo significa che sono fortemente indeboliti e si vogliono riorganizzare con le solite metodologie: proselitismo, reclutamenti in carcere, Jihad elettronico e cyber-terrorismo, non escludendo i vecchi metodi di comunicazione e sempre validi del passaparola.
Il terrorismo è l’ultima spiaggia dei disperati, per attirare l’attenzione sulla loro causa e raggiungere i propri fini, questa forma di combattimento è una degenerazione di quelle tattiche militari definite come guerra non convenzionale e che rientrano nella dottrina di “Guerra Asimmetrica”, una guerra che oppone nemici con forze e mezzi disuguali. La storia lo insegna ed Henry Kissinger lo ha tradotto con questa frase “Un esercito convenzionale perde se non vince; la guerriglia vince se non perde”. Ecco l’esigenza di investire più fondi per un’intelligence sempre più competitiva, snella e con meno burocrazia tra le varie agenzie: il terrorismo non nasce da un giorno all’altro, in molti casi il sistema occidentale l’ha usato per destabilizzare aree geografiche ed ora sta pagando con gli interessi, e mi fermo qui. Solo una buona politica estera può fungere da antidoto per eliminare i pericoli interni ed evitare queste azioni sconsiderate e inutili.