MILANO – La delegazione di Confartigianato Imprese Lecce che ha partecipato ieri alla manifestazione porta a casa la consapevolezza che solo alcuni dati possono dare.
L’Italia ha una dotazione infrastrutturale inferiore del 19,5% rispetto alla media UE.
Tra il 2009 e il 2017 gli investimenti pubblici sono crollati del 37,7% provocando la perdita di 122.000 posti di lavoro nel settore delle costruzioni. Nel 2018 il valore degli investimenti pubblici in Italia è inferiore di 17,1 miliardi in confronto alla media Ue.
Sono i numeri dei ritardi sul fronte delle infrastrutture italiane e del loro impatto negativo sulle piccole imprese che Confartigianato ha denunciato a Milano alla manifestazione ‘Quelli del sì’, con quasi 2000 piccoli imprenditori arrivati da tutta Italia, per chiedere politiche che rimettano in moto lo sviluppo del Paese partendo dallo sviluppo delle imprese.
Si è data voce a 4,4 milioni di piccole imprese con 10,8 milioni di addetti, che rappresentano il 65% del totale degli occupati delle imprese italiane. ‘Quelli del sì’ perché si vuole continuare a creare sviluppo e lavoro, a portare il made in Italy nel mondo. I ‘sì’ di Confartigianato sono altrettanti incitamenti al Governo a realizzare le condizioni per la crescita del Paese. Sì, quindi, agli investimenti pubblici e privati, sì a efficaci collegamenti nazionali e internazionali, alle grandi infrastrutture strategiche e alle piccole opere per far viaggiare le persone e le merci. Sì a reti e connessioni per il trasferimento dei dati. Sì ad una pubblica amministrazione che funzioni e sia attenta alle esigenze dei cittadini (oggi per l’84% delle imprese italiane la burocrazia è un ostacolo alla crescita). Sì ad un mercato del lavoro che valorizzi il merito e le competenze incrociando le necessità competitive delle imprese (nell’ultimo anno sono 309mila gli apprendisti assunti, 132mila in più rispetto al 2015). Sì all’Europa con l’euro moneta comune (il 69% degli imprenditori italiani è favorevole all’unione economica e monetaria europea). Sì ad una giustizia civile rapida ed efficiente (oggi servono 1.120 giorni per risolvere una disputa commerciale, quasi il doppio della media dei Paesi Osce)”.
La competitività del Paese si gioca anche sulle infrastrutture fisiche e immateriali. Secondo il rapporto di Confartigianato, sono 1.006.749 le piccole imprese con 3,6 milioni di addetti dei settori manifatturiero, trasporto e costruzioni interessate allo sviluppo infrastrutturale sia come utilizzatrici delle opere pubbliche sia perchè coinvolte nella loro costruzione e manutenzione.
Negli ultimi 12 mesi i settori a maggiore concentrazione di piccole imprese manifatturiere hanno esportato beni per 125,4 miliardi di euro con un trend positivo e pari al + 3%. ‘Il 72,2% delle esportazioni italiane – osserva Luigi Derniolo, presidente Confartigianato Imprese Lecce – proviene dalle regioni del Nord, ma siamo ben orgogliosi di rappresentare il restante 27.8%, considerando le ulteriori difficoltà che incontrano le imprese salentine e meridionali per esportare’.
E’ quindi fondamentale puntare sulle infrastrutture e recuperare i ritardi accumulati in questi anni. Il rapporto della Confederazione mostra infatti che nel 2017 sono 647 le opere pubbliche incompiute con investimenti bloccati per un valore di 4 miliardi di euro.
I problemi riguardano anche le piccole opere. Tra il 2009 e il 2017 gli investimenti delle Amministrazioni locali (Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane) sono diminuiti di 11,5 miliardi di euro (pari a -37,7%), di cui 10,2 miliardi riguardano la minore spesa di investimento in costruzioni. Il calo è maggiore, pari al 37,8%, per i progetti di opere pubbliche che interessano le piccole imprese, quelle di importo entro i 100 mila euro, e per quelle localizzate nel Mezzogiorno (-55,7%).
A bloccare o ritardare le opere pubbliche è anche la lentezza burocratica: la durata media per la realizzazione di un progetto è di 4,4 anni, ma la metà, pari a 2,4 anni, non è operativa: langue nei tempi morti dei procedimenti burocratici e autorizzativi. La quota dei tempi morti tocca il picco massimo del 59,6% per le opere che interessano maggiormente le piccole imprese, quelle con un valore sotto i 100 mila euro.
Le cose non vanno meglio sul fronte delle infrastrutture immateriali: la disponibilità di banda ultra larga per le piccole imprese italiane è inferiore del 15,1 punti percentuali rispetto alla media delle piccole imprese europee.
Per rilanciare la competitività delle piccole imprese occorre agire anche sui costi dell’energia: oggi i piccoli imprenditori pagano l’elettricità il 16,1% in più rispetto alla media Ue. Con un paradosso: a fronte del 34% di consumi, sulle loro bollette grava il 46% degli oneri generali di sistema.
Chiude Derniolo: ‘Dati nazionali che rispecchiano le difficoltà quotidiane che gli artigiani e gli imprenditori devono quotidianamente affrontare – tanto di più nel nostro territorio-. Questi dati devono far riflettere anche gli amministratori locali, con i quali siamo disponibili a confrontarci. In un contesto nazionale che evidenzia le problematiche riportate, il confronto su temi dimensionati sul territorio può risollevare le sorti di tante realtà produttive che reggono, per ora, ma che dovrebbero essere la forza propulsiva del territorio.