PORTO CESAREO – La “guerra delle frise”, che quest’anno è stata scatenata dal post di un bagnante che criticava modi e prezzi in un lido molto quotato di una delle spiagge più belle del Salento, ha avuto il merito di aprire un dibattito sul modello turistico salentino, sullo schizzare dei prezzi agostani e sulle ragioni di gestori e fruitori. Le analisi, i paragoni e le critiche, se sono costruttivi, fanno bene a tutto il sistema. Il Salento vive il boom turistico solo ad agosto, anche se c’è la percezione di un calo in questa stagione. Alcuni gestori di attività di somministrazione esagerano, come è avvenuto in un bar di Otranto in cui le quotazioni di un bicchiere d’acqua sono schizzate a 70 centesimi (prezzo “di favore” solo per il turista). Poi, c’è la storia della frisa: per la prima volta su questo giornale ne parlammo nel 2010, quando notammo che a Gallipoli c’era chi vendeva una semplice frisa a 12 euro, come se fosse un piatto con chissà quali ingredienti ricercati. Ogni anno si ripresenta la polemica in salse diverse e ci si chiede se non ci siamo montati un po’ la testa. C’è da dire che nel caso di alcuni lidi molti ambiti si aumentano i prezzi per creare una certa selezione e guadagnare nell’unico mese in cui il flusso è da tutto esaurito.
I PARAGONI CON GLI ALTRI
Ci sono mete molto vicine al Salento dove frequentare un lido e mangiare costa molto di meno: ad esempio in Calabria (a San Nicola Arcella lettini a 5 euro, docce gratis, piatti buoni e poco costosi), Montenegro, Albania, Grecia (dove vanno in vacanza tanti salentini) e Croazia. Ma ci sono tanti lidi nel Salento che costano pochissimo, disseminati ovunque: abbiamo già citato l’esempio del lido di Otranto con i lettini a 8 euro anche a Ferragosto, anziché 15-18-20 euro come alcuni lidi di Porto Cesareo. Poi, ci sono i lidi più costosi perché regolano il prezzo sulla domanda e sui costi, ma anche su servizi di qualità che ritengono di avere.
IL DIBATTITO SU FACEBOOK
Quando questi argomenti sbarcano su Facebook, difficilmente si può ottenere un dialogo tranquillo: in troppi si abbandonano a offese e insulti, senza essere costruttivi. Noi riportiamo tre interventi di opinion leader molto efficaci, partendo da chi ha innescato questa nuova polemica. “Non ho mai detto di essermi pentito di aver fatto quel post. Chi lo ha scritto ha travisato le mie parole. Ho solo detto che non era mia intenzione mettere alla gogna un lido e chi ci lavora dentro, ma mettere in evidenza che certi atteggiamenti aggressivi per non far mangiare sulla spiaggia e i costi alti delle frise ben condite e di birre molto comuni non fanno bene al nostro turismo. Il problema non è la frisa. Spero che il Salento impari ad essere competitivo con altre realtà molto vicine. Mentre noi litighiamo per le frise in Montenegro o in Calabria, con prezzi equi, stanno crescendo sempre di più” – dichiara Sergio Valentini.
Ma sul “caro frise” è impossibile non riportare il commento di Beppe D’Ercole, presidente della nota associazione “Vivere Lecce”: “Sono costretto a puntualizzare il concetto di gourmet (letteralmente dal francese buongustaio) ‘è un termine associato alle arti culinarie del cibo e del buon bere o di alta cucina (riferito generalmente alla gastronomia), che è caratterizzata da pietanze raffinate. Il termine e le sue relative pratiche vengono associate di solito positivamente per descrivere le persone o il cibo dal gusto raffinato’. Allora, prendo una vilissima frisa, ci metto sopra un po’ di insalata di mare e diventa ‘frisa gourmet’! Stiamo pazziando! L’altra sera, allora, ho mangiato una frisa gourmet con puntarelle lesse e olio EVO e sale Bio marino. Credevo di aver mangiato un piattino di cicorie accompagnato con la frisa -spesso d’estate lo faccio- e con il solito olio con acidità sotto lo 0,4 – limite EVO, che fa fico, ma significa extravergine d’oliva è 0,8: quindi, più che Evo! Non ho usato i capperi che raccolgo e che sono OBBLIGATORIAMENTE BIO!”.
In un post precedente Eugenia Toni, che si occupa di comunicazione, cerca di analizzare le ragioni contrapposte in maniera efficace: “Questa storia della frisa gourmet con stracciatella, pinoli e tartare di gamberi, servita al lettino di un lido dal target medio/alto in Salento e al costo di 16 euro, ci sta sfuggendo di mano. È stato un mix tra la notte dei coltelli e le quotazioni delle frise in borsa.
Perché non ha ragione nessuno.
Non ha ragione il cliente, che ha di certo esaminato un menu, leggendo i prezzi e decidendo di pagare un sovrapprezzo di ben due euro per un servizio non al tavolo, bensì comodamente sdraiato sotto l’ombrellone. Mi sa tanto di quelli che a Milano vanno da Cracco per una pizza margherita e si lamentano che costi il triplo di Gino Sorbillo, esattamente a pochi metri da Cracco. O di quelli che sorseggiano il caffè a 10 euro in piazza del Popolo godendo della musica inclusa e poi pubblicano scioccati lo scontrino su Facebook.
Non ha ragione il titolare, perché 16 euro è esattamente il prezzo di una pizza con stracciatella e tartare di gamberi e pistacchio pagata in Città Studi a Milano (giuro).
Ma la pizza ha una sua lavorazione, e cottura, la frisa no. Si compra già fatta. Ora possiamo anche dire che l’olio è stato spremuto a mano da cinque tarantate e da De Martino in persona, che il grano sia Senatore Cappelli e la tartare tagliata da Jiro Ono, ma magari il grado di percezione del brand del lido, in questo caso, si misura anche dal contesto in cui sono. Chi c’è accanto a me a mangiare la frisa? Victoria Beckham o il cozzaro tatuato? Questo ‘conta’. Ci sono almeno 4/5 euro che non mi tornano e che devo giustificarmi tenendo conto delle variabili qui sotto riportate.
1)Mi hai servito la frisa in un piatto di plastica con tovaglietta color paglia o in ceramica locale brandizzata?
2)Il servizio di accompagnamento, la clientela del lido, insomma, tutto ciò che fa lievitare il prezzo, a torto o a ragione, come sono? Ora lasciamo perdere tutta l’economia legata a tassazione, affitti, costo del personale, costo dell’acqua per la sponzatura, ecc. Parliamo di intangibile, una cosa che nè l’imprenditore medio nè il salentino medio che giudicano un prezzo sanno valutare. Il salentino ha un problema di valutazione dell’intangibile, ovvero il valore del marchio diffuso nel tempo che tende a far lievitare un prezzo. Il salentino si autoproclama: ‘ target medio/alto’, ma in base a chi o cosa? Il salentino si sopravvaluta: ‘e allora a Venezia? Io ho pagato un gelato 8 euro”, o si sottovaluta: “una frisa 16 euro? Ma ne vale manco 50 centesimi, tanto vale alzare il sedere e andare a comprarsela all’Eurospin’.
Sul primo esempio ci sarebbe da parlarne a fiumi. Basti dire che non c’è nessun bar in Salento che manco lontanamente possa avere la tradizione (intesa in reputazione per tempo e durata) di un Harry’s bar di Cipriani o ‘A Brasileira’ di Lisbona, lo storico bar legato alla figura di Pessoa. Nessun bar salentino può connettersi e riconnettersi con un territorio e la sua Clientela, nonché la sua storia come l’esempio veneziano o portoghese. Dire il contrario non è solo ignorante, fa semplicemente capire che non siete mai andati oltre lo svincolo di Palmariggi sud.
Nel secondo caso si consideri il fatto che frisa equivale a piatto sì povero, ma iconico.
Tutti i piatti poveri, diventati iconici della tradizione, se serviti in una chiave turistica non possono corrispondere al prezzo tradizionale. Esattamente come una carbonara fatta da me non può costare quanto una carbonara mangiata al Testaccio o allo stesso modo come una panzanella o la pappa al pomodoro mangiate in Toscana.
C’è un altro punto: il concetto di ‘gourmet’. Mi pare relativo: la stracciatella non è un elemento gourmet, sia per prezzo che per tipologia. Certo, viene utilizzata molto nelle reinterpretazioni culinarie ma il suo costo, pur non essendo quello di un pomodoro, non è elevato. Poi c’è il gambero, che non è l’astice e non è manco l’origano per condire la frisa classica. Insomma, siamo nell’uso di elementi dal costo medio che abbondano in Salento in questo periodo. Gourmet è concetto sopravvalutato. Basta che io oggi mi inventi la frisa scomposta che subito tiri fuori il concetto di gourmet.
Gourmet significa ‘buongusto’ che implica raffinatezza. Una frisa con gamberi e tartare può essere più raffinata di una stessa con pomodoro e origano? Certo, ma il prezzo deve implicare che il concetto di ‘raffinato’ sia onnicomprensivo come detto sopra: servizio, presentazione, contesto ecc. Anche qui può essere relativo, perché un pomodoro coltivato da Michelle Obama o da Helen Mirren può quotare anche più di un gambero surgelato.
In più c’è anche altro: cosa ho attorno a me che mi aiuti ad alzare l’asticella del prezzo? Cosa offre il mio contesto in termini di intrattenimento, cultura, e collegamenti?
‘Il mare’.
Ah, ok”.
Dopo l’ironia, torniamo seri con una testimone oculare della vicenda che ha innescato tutto il dibattito. Ma prima dobbiamo ricordare che la frisa del Togo Bay in realtà era una tartare di gamberi con tutta una serie di altri prodotti, come ha spiegato il proprietario (servita a 16 euro sotto l’ombrellone: questo naturalmente fa lievitare il costo). “Ok basta, ho letto e ascoltato abbastanza su questa storia – spiega la signora – Non volevo intervenire perché di mezzo ci sono amici ma soprattutto famiglia. Ero presente, conosco i fatti e, quindi, posso dire la mia! Le mie scuse (anche se non c’entro assolutamente nulla) le ho fatte privatamente a tutto lo staff del #togobay. Staff che oggi mi sento di difendere nella maniera più assoluta perché sono dei ragazzi della mia età e anche meno, che si sudano la giornata in tutti i sensi perché sono lì al caldo a servirci in cassa, al baldacchino, sotto la palma, sul lettino, sotto l’ ombrellone, a seconda del servizio che uno vuole ricevere e che soprattutto la tasca gli consente. Sono lì con il retino a raccogliere le schifezze che sempre noi in vacanza non curanti lasciamo lì sulla sabbia. E sono sempre lì a seguire e far rispettare un regolamento interno rispettabile o meno, a norma di legge o meno, sinceramente non sta a me dirlo, né sono realmente informata sulla vera esistenza di questa legge.
Siccome tra un po’ manca solo che la notizia arrivi da Barbara D’Urso e che Bruno Vespa faccia il plastico con il baldacchino del Togo e i lettini al seguito…perché veramente c’è una cattiveria su questi social che fa paura…ci tengo a DIRE,RIBADIRE e SOTTOLINEARE che nessun bambino,né adulto è stato mai maltrattato né dallo staff del TogoBay, né dai titolari, né dalla sicurezza.
Quello che ho letto in questi due giorni ha veramente dell’incredibile. La violenza verbale, i fraintendimenti, il modo in cui un post sia diventato così virale, lo sciacallaggio dei media, e la gente che parla senza conoscere i fatti e a sproposito…veramente assurdo! Ma dove arriveremo? Anzi dove siamo arrivati?
Dal divieto di mangiare una ‘ncartata di stagnola’, come diciamo noi, siamo passati alla taccagneria, ai VIPS, ora addirittura al maltrattamento di minori. E sto tralasciando le offese gratuite. Ma ci rendiamo conto un attimo?
Io sono stanca di fare la guerra con la gente. Se un’ azienda ha la sua politica interna, io mi adeguo, punto. Se mi sta bene ci ritorno, se non mi sta bene, amen. Il Salento è pieno di lidi! Ed è bagnato su due versanti dal mare, Adriatico e Ionio…pensa che fortuna!
Il Togobay oggi è uno dei lidi più curati e in voga del Salento, non posso che augurargli ancora tutto il successo avuto in quest’ultimo decennio.
Detto questo, come ho anche scritto nel messaggio privato al Togo: NEL BENE E NEL MALE PURCHÉ SE NE PARLI!”. Amen.