CARMIANO (Lecce) – Sono iniziati questa mattina gli interrogatori dei 22 soggetti arrestati all’alba di ieri dai carabinieri del Ros di Lecce nell’ambito dell’operazione antimafia “Armonica”. Davanti al gip Cinzia Vergine (che ha firmato l’ordinanza di custodia di oltre 250 pagine) è comparso Fernando Nocera, 64enne di Carmiano, ritenuto dagli inquirenti il capo clan della presunta organizzazione. Assistito dagli avvocati Stefano Prontera e Cosimo D’Agostino, Nocera ha risposto alle domande del giudice fornendo chiarimenti, spiegazioni e dettagli sulle varie contestazioni contenute nell’ordinanza.
Nocera ha inteso, come passaggio fondamentale del suo interrogatorio, escludere qualsiasi coinvolgimento dellla moglie, Livia Comelli, e di una donna a lui vicina, Giuliana Cuna, (entrambe coinvolte nell’inchiesta) in alcune sue attività così come di un altro indagato, Andrea Visconti. Il presunto reggente del sodalizio non ha comunque tralasciato di difendere la sua posizione dalle dichiarazioni fornite nel corso degli anni da alcuni collaboratori di giustizia che lo collocherebbero al centro di trame di traffici di droga e di affari sporchi. In particolare Nocera ha escluso di conoscere i collaboratori Tommaso Montedoro e Gioiele Greco che, con le loro dichiarazioni, hanno riempito i verbali della Dda (inchiesta coordinata dal pm antimafia Valeria Farina Valaori).
Per il resto la difesa ha depositato dicumentazione medica che attesterebbe le precarie condizioni fisiche di Nocera colpito da due infarti il 10 e il 18 febbraio scorso, sottoposto ad un delicato intervento al cuore e ricoverato a lungo. Dichiarato totalmente incompatibile con il regime carcerario nei prossimi giorni i suoi legali depositeranno istanza di scarcerazione.
Ha risposto alle domande del giudice cercando di chiarire la propria posizione anche Francesco Bruno, 48enne, di Carmiano, con il ruolo a leggere le carte dell’inchiesta di intermediatore nella presunta attività di spaccio imbastita da Davide Conversano coime emergerebbe da alcune intercettazioni. Alla presenza del suo avvocato Giovanni Erroi, Bruno ha ammesso di conoscere gli altri indagati in particolare proprio Conversano in quanto quest’ulltimo titolare da novembre del 2017 della salagiochi in cui lavorava da oltre 20 anni prima di trovare una nuova occupazione nell’aprile scorso. Il rapporto con Conversano si sarebbe limitato alla sola gestione dell’attività. Le telefonate intercettate dai carabinieri si giustificherebbero sempre con la stessa chiave di lettura: Bruno informava Conversano della presenza nella salagiochi di persone che chiedevano dove si trovasse ma non si sarebbe mai interessato su quali fossero le questioni che poi affrontavano. da aprile, poi, quando Bruno ha trovato una nuova occupazione i contatti con Conversano sarebbero andati scemando sempre più.
È stato sentito anche Stefano Ciurlia, 50enne di Lecce, accusato di aver ricevuto sostegno dal clan capeggiato da Nocera nel corso della sua detenzione nel carcere di Reggio Calabria. Vaglia per 200-300 euro che la moglie gli recapitava grazie all’intercessione dei ragazzi del sodalizio. Proprio su tale punto si è incentrato l’interrogatorio di Ciurlia alla presenza dell’avvocato David Alemanno. Il 50enne ha spiegato che i contatti con Nocera risalirebbero nel tempo quando erano stati compagni. In cella si sarebbe cementata un’amicizia che si sarebbe rinsaldata nel tempo. Dopo i rispettivi processi, però, le loro strade si sono divise perché sono stati trasferiti in due diversi istituti penitenziari. E comunque avrebbero proseguito a sentirsi per posta. Nei contatti epistolari non ci sarebbero mai linguaggi criptici che possano alludere a traffici illeciti. E sui soldi ricevuti la deifesa ha depositato il cud della moglie da cui risulterebbe una dichiarazione dei redditi tale da sostenere il marito nella sua detenzione con un certo agio. A questo deve poi aggiungersi la buona condotta di Ciurlia dietro le sbarre. Detenuto modello, dal Tribunale di Sorveglianza di Reggio calabria aveva ottenuto due permessi premio e da giugno si trovava ai domiciliari.
Hanno scelto la via del silenzio i fratelli Davide e Matteo Conversano, rispettivamente di 28 e 30 anni, il primo residente a Carmiano il secondo a Porto Cesareo e Andrea Arnesano, 39 anni, di Carmiano, difesi dall’avvocato Cosimo D’Agostino.