GALATINA (Lecce) – Arriva in Appello il processo scaturito dall’operazione ribattezzata “Off Side” con cui gli agenti della Squadra mobile hanno stroncato a maggio dello scorso anno il tentativo di rinascita del clan Coluccia che aveva esteso i propri interessi anche sulla squadra del Galatina calcio. In giornata, il sostituto procuratore generale Giovanni Gagliotta ha invocato la conferma della sentenza emessa dal gup Alcide Maritati, al termine del processo in abbreviato, con cui sono stati condannati a 9 anni e 4 mesi il padre Luciano Coluccia e a 9 anni Danilo Pasquale Coluccia, rispettivamente di 70 e 39 anni originari di Noha (frazione di Galatina). Ridotta solo la pena inflitta all’allenatore del Maglie Antonio Renis, 38 anni, di Copertino, per la presunta partita “truccata” col Galatina del 3 aprile 2016: la condanna passa da 1 anno a dieci mesi e venti giorni (sempre con pena sospesa)
Il gip Giovanni Gallo dispose l’arresto in carcere solo per il più giovane dei Coluccia, mentre per il più anziano, i domiciliari. Proprio quest’ultimo, nei giorni scorsi, è stato accompagnato in cella dopo la conferma della Corte di Cassazione del provvedimento adottato dal Tribunale del Riesame. Per la parte civile, la Federazione Italiana Giuoco Calcio (assistita dall’avvocato Luigi Covella) era stato disposto un risarcimento in solido di 10mila euro.
Proprio l’esuberanza del rampollo della famiglia Coluccia avrebbe consentito agli investigatori di sgretolare il granitico gruppo mafioso di Noha, la frazione di Galatina consentendo così di delineare un clan 4.0, attento al welfare e al consenso sociali, ma anche determinato, capace di sostituirsi (tanto almeno contestano gli investigatori) all’amministrazione della cosa pubblica “facendola apparire come cosa propria”.
Così il cimitero di Galatina sarebbe diventato una sorta di regno di Luciano Coluccia (andato in pensione da custode, avrebbe continuato a svolgere il ruolo di vero gestore). Un controllo non solo delle attività illecite ma anche di quelle lecite: tentando di imporre il monopolio nel settore commerciale delle pescherie. Al giovane Coluccia, confermando quella sorta di consenso raggiunto dai clan, si sarebbero rivolti anche per l’apertura di sale giochi o per aver un posto per un’attività di ambulante e per ottenere il maltolto dopo un furto.
I due Coluccia erano difesi dall’avvocato Luigi Greco; Renis, invece, da Anna Inguscio.