LECCE – Con il 1° dicembre di quest’anno ha inizio il nuovo Anno liturgico. Ed ogni Anno Liturgico si avvia con il tempo di Avvento, un tempo di attesa, di memoria della nascita di Gesù.
Tanti sono gli articoli di giornale e tante sono le omelie che tentano di far comprendere il vero senso dell’Avvento, il suo significato, il suo messaggio.
Tra le tante parole narranti, una lettera desta la nostra attenzione, sorprendendo nella modalità di presentazione: nella prima domenica di Avvento “Il vescovo Michele scrive alla famiglie della Chiesa di Lecce”. E scrive in un momento particolare, in un luogo che ha del particolare: «Mentre vi scrivo sono a Nazareth, città di Gesù, Maria e Giuseppe, città nella quale si contempla il silenzio e l’amore della Sacra Famiglia, modello di ogni vita familiare e cristiana».
E da questo posto lontano, ma vivo nella memoria della nostra fede, scrivendo la lettera, l’arcivescovo ha abbracciato da pastore ogni suo figlio, sedendo virtualmente, ma con la presenza del cuore, alla tavola di ognuno di noi: «E, idealmente, qui da Nazareth mi siedo alla vostra tavola, alla vostra mensa domestica. Con voi faccio un bel segno di croce, memoria della nostra fede e del Battesimo… Già provo la gioia dell’essere famiglia, del condividere ciò che ha preparato la mamma. Diventi – perdonatemi se insisto – un impegno in questo Avvento: a pranzo o a cena iniziamo con il ringraziare il Signore per la gioia di stare insieme, ma anche per ricordare chi manca o per il lavoro o per gli impegni importanti, per lo studio, per una malattia… Una famiglia si riconosce a tavola».
E poi una raccomandazione finale, che ai nostri giorni ha il sapore di una sana provocazione: «Riuscirete in Avvento a riprendere questa bella consuetudine?». È bello lo stare insieme, la condivisione di gioie e preoccupazioni. E il sedersi insieme intorno ad un tavolo è il segno di una sinergia di forze e sentimenti, che nutrono la mente, il cuore e il corpo.
E il pensiero di mons. Seccia nel ‘paese dell’attesa’ va a Maria, “Maria si alzò e andò in tutta fretta” (Lc 1,39), Madre della Santa Famiglia, modello di ogni madre, non si spaventa dinanzi all’annuncio: «Maria ha vissuto il tempo dell’attesa riscoprendo il suo dover essere ossia il suo essere per l’altro, vivendo i gesti quotidiani con spirito nuovo, lo spirito di amore e di servizio».
E concludendo con Papa Francesco: «La Vergine Maria ci ottenga la grazia di vivere un tempo dell’attesa estroverso: non ‘io’ al centro ma il ‘Tu’ di Gesù e dei fratelli, soprattutto di coloro che sono in difficoltà ed hanno bisogno di aiuto per lasciare spazio all’Amore che, anche oggi, vuole farsi carne e venire ad abitare in mezzo a noi».