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Giro di prostituzione in una casa vacanza? Magistrato si difende: “Sempre agito con correttezza”

LECCE – “Ho sempre agito nella piena correttezza delle regole senza aver mai avuto consapevolezza di quello che succedeva nella casa vacanza nel centro di Lecce di mia proprietà”. Il magistrato cassazionista Giuseppe Caracciolo ha rilasciato delle spontanee dichiarazioni nel processo in cui è imputato con l’accusa di sfruttamento della prostituzione insieme alla compagna Pasqua Biondi (che non era presente in aula). Il magistrato leccese, di 62 anni, ha così cercato di chiarire la propria posizione depositando un corposo carteggio per dimostrare la regolarità dei contratti di locazione e che non avrebbe mai potuto sapere a chi affittava le camere. Peraltro, come confermato da altri testimoni e dall’amministratice stessa, nessun altro condomino si sarebbe lamentato su quanto avveniva nel palazzo. Il processo è stato aggiornato al 5 luglio davanti ai giudici in composizione collegiale (Presidente Fabrizio Malagnino).

Proprio per questo reato la coppia era stata condannata in primo grado, in abbreviato, dal gup Carlo Cazzella, a un anno di reclusione col beneficio della pena sospesa, ma il verdetto era stato poi annullato dalla Corte d’appello, il 19 dicembre del 2020, perché l’imputazione non era mai stata contestata dal pm. Magistrato e poliziotta finirono sul banco degli imputati per un’accusa diversa, sfruttamento della prostituzione, ritenuta infondata dal primo giudice.

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A mettere nei guai la coppia fu un’indagine condotta dagli agenti della squadra mobile di Lecce. Gli accertamenti vennero avviati dalle molteplici segnalazioni che riferivano di un giro di prostituzione di giovani straniere (di nazionalità venezuelana, colombiana e rumena) in uno stabile formalmente adibito a “casa vacanze” e bed and breakfast nonostante all’esterno mancasse qualsiasi insegna. I poliziotti, così, decisero di avviare appostamenti e pedinamenti. Così rilevarono un continuo avvicendarsi di clienti in una sorta di staffetta continua. In circa tre mesi gli investigatori accertarono un giro di prostituzione all’interno dell’immobile a tutte le ore. Un sofisticato sistema di videosorveglianza garantiva il controllo degli accessi monitorando eventuali intrusioni.

La coppia di insospettabili avrebbe garantito alle escort tutti i comfort per offrire un soggiorno tranquillo. Gli incontri, invece, venivano pubblicizzati su un sito internet. Dinanzi al gip che emise il decreto di sequestro dell’immobile, il giudice respinse ogni accusa, evidenziando di essere vittima di un equivoco. A sostegno di tale tesi c’è una consulenza di parte a firma dell’ingegnera informatica Luigina Quarta. A difendere magistrato e compagna, l’avvocato Ladislao Massari.

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