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“Ma lei conosceva mio fratello?”, così Rita Borsellino scelse “Falcone e Borsellino – storia di un dialogo” di Maria Francesca Mariano come testo ufficiale per ricordare il giudice. Ieri in scena a Lecce

di Valeria Coi

In occasione dell'anniversario della strage di Capaci, il 23 maggio del 1992, in cui perse la vita Giovanni Falcone, a Lecce è andato in scena il dialogo di Falcone e Borsellino, scritto dal giudice Mariano e scelto dalla sorella di Borsellino come testo ufficiale del Centro di Palermo intestato al fratello.

LECCE – L’antimafia siamo noi tutti, che combattiamo questo fenomeno sociale con il nostro comportamento, con i gesti, le parole, gli atteggiamenti che assumiamo quotidianamente e che fungono da insegnamento per tutti coloro che ci sono attorno.

E’ questo, in sintesi, il messaggio che si è voluto lanciare ieri dal palco del teatro Apollo a Lecce durante la rappresentazione teatrale “Falcone e Borsellino – storia di un dialogo” (portato in scena dalla Compagnia Témenos – recinti teatrali); manifestazione organizzata da Alfredo Pagliaro e il suo Teatro Leccese in occasione dell’anniversario della strage di Capaci.

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Il testo, scritto dal giudice penale Maria Francesca Mariano, è nato, come ha raccontato lei stessa, in due giorni, anzi in due pomeriggi, un sabato e una domenica, due ore e due ore.

Una volta scritto, la decisione di mandarlo in via D’Amelio, all’indirizzo di quell’abitazione dove il giudice Borsellino si stava recando, dalla madre, quel 19 luglio del 1992, quando fu vittima dell’attentato che gli costò la vita.

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Inviato il plico, a distanza di qualche giorno, il giudice Mariano ricevette l’inattesa telefonata da parte della sorella di Paolo Borsellino: “Ma lei conosceva mio fratello?”.

Non era naturalmente così, poiché la giudice Mariano poteva essere la figlia di Paolo Borsellino. Ma aveva studiato e letto tanto di lui, documentandosi a tal punto da essere capace si interpretarne fedelmente il pensiero. Il testo del dialogo, per questo motivo, è stato scelto dalla stessa Rita Borsellino come testo ufficiale del Centro di Palermo intestato al fratello; ed è stato portato in tournée in tutta Italia, anche in importanti sedi istituzionali.

E ieri, in occasione della ricorrenza del primo attentato, quello al Giudice Falcone del 23 maggio 1992, è stato portato in scena a Lecce, davanti a un sala gremita di spettatori, tra i quali erano presenti le autorità del territorio.

La mafia colpisce alle spalle, eppure la sua presenza, quell’ombra oscura, si avverte come fosse dappertutto, ma non si vede.

I giudici Falcone e Borsellino hanno prima di tutto reso visibile, nella sua apparente trasparenza, il fenomeno mafioso; poi hanno provato a combatterlo.

Una volta pagata questa scelta con la vita, la missione di chi resta è non solo quella di non dimenticare, ma anche quella di raccogliere un’eredità lasciata a tutti; un patrimonio di idee che ognuno deve portare avanti nel suo mondo; nel suo agire verso le persone che ha intorno; a partire dai genitori che possono assistere al miracolo di educare i propri figli; considerato che chi educa ha la grande opportunità di lasciare nell’uomo di domani un’impronta indelebile, quella del rispetto, della lealtà morale, dell’onestà intellettuale: della legalità. Missione che si concretizza in ogni piccolo comportamento, gesto e parola usata davanti a un bambino, perché si educa prima di tutto attraverso l’esempio.

Poi, e qui vengono chiamate in causa le istituzioni, il posto dove il messaggio di legalità può veicolare in modo forte e contagioso, è quello delle scuole, scrigno di cultura, termometro della condizione sociale di un territorio, sentinelle contro il disagio minorile e le condotte antisociali; luogo dove la relazione educativa può generare circoli virtuosi.

Al termine della rappresentazione teatrale è stato consegnato il primo premio “Falcone e Borsellino”, assegnato quest’anno a una giovane donna, miglior studentessa della facoltà di giurisprudenza dell’Università del Salento.

Il dialogo di Maria Francesca Mariano non è solo un racconto emotivamente denso dell’operato dei due magistrati che hanno rivoluzionato la lotta alla mafia – e di come la loro missione abbia influenzato la loro vita personale, condizionando le loro famiglie – ma è anche un monito, un modo per risvegliare, semmai si sopissero, le coscienze, e tenere sempre alta l’attenzione verso questa tematica.

Il testo “Falcone e Borsellino – storia di un dialogo” è una chiamata all’assunzione di responsabilità verso sé stessi, ma soprattutto verso gli altri, verso il futuro. Poiché è per dare un futuro, una speranza, una luce, che Falcone e Borsellino non si sono arresi, fino a morire.

Un’eredità pesante che però i cittadini hanno il dovere di accogliere, difendere e tutelare. La responsabilità del domani, di ciò che si consegna ai figli e ai figli dei figli. Perché “Il futuro di tutti dipende dalla condotta di ognuno” (Alessandro Magno).

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