COPERTINO/SAN DONACI (Lecce/Brindisi) – La madre Emma piange a dirotto quando i giudici della Corte d’assise leggono la sentenza con cui viene condannato all’ergastolo il presunto omicida del figlio. Il marito si stringe al suo fianco e tutti e due si lasciano andare ad un pianto che sa tanto di liberazione. Il Presidente Pietro Baffa ha appena letto il lungo dispositivo che prevede il carcere a vita con isolamento diurno di 1 anno per Michele Aportone, il 71enne di San Donaci, accusato di aver ammazzato il carabiniere in congedo Silvano Nestola, perché contrario alla relazione che il militare, originario di Copertino, aveva intrapreso con la figlia. “È una sentenza che rende merito al lavoro dei carabinieri e alle tante deposizioni raccolte nel corso del processo che, di fatto, hanno reso granitico l’impianto accusatorio” commenta l’avvocato Enrico Cimmino, uno dei due legali che, insieme al collega Vincenzo Maggiulli, assiste i familiari della vittima.
La Corte d’assise, così, si è allineata con la richiesta del pm Alberto Santacatterina che, al termine della requisitoria, aveva chiesto l’ergastolo per l’imputato (non era presente in aula e sempre detenuto). Aportone, inoltre, è stato condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. A nulla è valsa, per mitigare il verdetto della Corte, la deposizione del generale dei carabinieri, ex comandante del Ris di Parma, Luciano Garofano, il consulente della difesa di Aportone che aveva sostenuto come gli accertamenti fossero stati viziati da contaminazione. Un altro punto su cui la difesa si era soffermata verteva sulle ricostruzioni tecniche relative al percorso che il presunto assassino avrebbe compiuto per raggiungere l’abitazione della sorella della vittima dove il carabiniere venne freddato. Sollecitazioni che, una volta depositate le motivazioni attese nei prossimi 90 giorni, potranno essere ribadite nel processo d’appello dall’avvocata difensore Francesca Conte.
Carcere a vita, dunque, nonostante nessuna telecamera di sorveglianza abbia ripreso chi sparò i quattro colpi d’arma da fuoco, in contrada Tarantino, una zona di campagna fra Copertino e San Pietro in Lama e nonostante non sia mai stata ritrovata l’arma del delitto. L’imputato si trova sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione nonché per motivi abbietti e futili. Aportone attese nascosto dietro un muretto. E appena la sagoma di Nestola gli si parò davanti, esplose i colpi. Nestola fece in tempo a mettere in salvo il figlioletto, di fatto testimone oculare del delitto. “C’era una persona accovacciata che si è alzato e ha sparato. Papà mi ha gridato di correre. Ho aperto il cancello e sono scappato” raccontò il ragazzino ai carabinieri nell’immediatezza dell’omicidio.
Per Aportone e la moglie (inizialmente indagata ma la cui posizione è stata successivamente stralciata), la storia con il carabiniere avrebbe rappresentato la causa della fine del matrimonio della figlia. Sfrutta la sua debolezza”, si lasciò sfuggire la madre in una conversazione riferendosi a presunte problematiche di carattere psichico di cui soffriva la figlia. Un’ossessione talmente forte che i coniugi utilizzavano un gps per controllare gli spostamenti della donna. Dal 27 marzo del 2021 al 2 maggio del 2021 gli investigatori registrarono 1.357 contatti telefonici verso l’utenza inserita nel gps. Grazie alla visione delle immagini delle telecamere di videosorveglianza, i sospetti dei militari del Reparto operativo del comando provinciale di Lecce caddero sulla famiglia della nuova compagna si tramutarono in elementi indiziari. In particolare, le immagini di un sistema di telecamere installato in una zona non distante dall’area sosta camper “Santa Chiara“ (di cui Michele Aportone era il titolare) riprendevano l’anziano a bordo del suo Fiat Ducato intorno alle 19.30 del 3 maggio, uscire per raggiungere l’abitazione di Copertino; e venne ripreso anche al rientro in quella stessa area camper poco dopo le 22.30 evidentemente dopo aver consumato l’omicidio. Tutti elementi indiziari che, nel corso del processo, sono diventati sempre più granitici e ritenuti sufficiente per emettere una sentenza di condanna.