PARABITA (Lecce) – Era finito sotto inchiesta per il ferimento della moglie dopo un guasto all’ascensore installato in casa, e l’accusa era anche quella di tentato omicidio. Ma per B.L., 68 anni, di Parabita, la pm Maria Grazia Anastasia ha avanzato richiesta di archiviazione insieme ad altre quattro persone: A.V., 47, di Tuglie; R.R.B., 61 anni, di Taurisano; S.Z., 61, di Casarano; G.G., 83, di Parabita. I fatti risalgono al 18 luglio del 2020. I carabinieri della stazione di Parabita intervennero in un’abitazione dove era già presente personale medico per soccorrere Carmela Conte, trovata dal marito, priva di coscienza nel vano scala installato nel 2003 dalla ditta di R.B. nel referto del pronto soccorso: varie fratture.
Il 15 giugno veniva presentata una denuncia: più nel dettaglio il medico legale aveva spiegato che il trauma da precipitazione nel vano ascensore compatibile con le macchie ematiche riscontrate sulle relative pareti ha cagionato un lungo periodo di malattia successivo a un concreto pericolo per la vita della Conte, cui sono residuati indebolimenti permanenti della funzione prensile e statica in relazione alla deambulazione. Nel corso dell’ispezione i militari trovavano all’interno del vano ascensore la presenza di vistose tracce ematiche sul pavimento, un paio di occhiali e delle ciabatte da donna da infradito. Gli stessi operanti notavano altresì la presenza nella parte in alto a sinistra della porta dell’ascensore, della chiave di sblocco inserita nell’apposita serratura. Il 19 luglio 2020, il personale di pg sequestrava il montacarichi, ritenuto elemento di prova.
Dall’attività investigativa emergeva che i primi interventi sulla piattaforma risalivano al 2013 quando il geometra S.Z. sottoscriveva, sulla scorta delle opere avviate in sanatoria effettuate dal suo collega, il geometra G.G., certificazione relativa all’accessibilità e al superamento delle barriere architettoniche. S.Z., escusso a sit, affermava di aver effettuato certificazione esibendo un consuntivo finale di spesa stilato dallo studio tecnico di G.G. per tutti i lavori realizzati. L’ultimo intervento di manutenzione risultava effettuato nel 2019 ad opera di A.V., il quale affermava a sit di aver chiesto ripetutamente a B.L. la necessaria documentazione riguardante l’installazione dell’ascensore stesso senza ricevere nulla in quanto, a dire di B.L., era andata perduta.
Il 16 dicembre 2020, per una completa ricostruzione della dinamica dell’incidente, veniva effettuato conferimento dell’incarico per consulenza tecnica sull’ascensore all’ingegnere Lelly Napoli, unitamente al medico legale Alberto Tortorella. Nella relazione di consulenza, depositata il 1 marzo del 2023, è evidenziato come non esista alcuna documentazione/certificazione inerente all’originaria installazione dell’ascensore che risulta privo di matricola, seriale, marchio Ce e di qualsiasi altro documento che attesti la regolarità e l’origine. Era inoltre evidenziato come il dispositivo di sicurezza che inibisce l’apertura della porta d’accesso alla cabina ascensore, in assenza della stessa al piano, non fosse funzionante: per l’effetto, quindi, la spia verde della pulsantiera di chiamata risulta accesa e la porta di accesso alla cabina si apre anche se non è presente la cabina al piano. A tal riguardo, in particolare, da una precisa analisi strutturale emergeva che all’interno del quadro elettrico che pilota ascensore fossero stati effettuati dei “ponti” mediante cavo elettrico.
Secondo la ricostruzione del ct tale intervento, quanto mai inopportuno, potrebbe essere stato effettuato per ovviare in maniera artigianale al blocco della piattaforma, causato dall’eventuale mancata chiusura del contatto elettrico/meccanico dell’anta cabina. Deve tuttavia al riguardo evidenziarsi come non sia stato possibile ricostruire mediante le indagini chi e quando abbia posto in essere tale modifica: sebbene quindi sia ipotizzabile una rilevanza concreta di tale alterazione non è individuabile né il momento né il soggetto che vi diede luogo, essendo peraltro lo stesso Conte, titolare formalmente dell’impianto. Veniva poi rilevato che l’impianto di illuminazione all’interno della cabina non è permanentemente attiva nel corso e durante il servizio così determinando l’insidia del non consentire all’utente di verificare e/o percepire de visu lo stanziamento ovvero in alternativa la mancanza al piano della piattaforma stessa.
Veniva accertata in sostanza una inefficienza dei contatti elettrici che accordano la azione di accostamento che, di fatto, dovrebbero bloccare il funzionamento dell’elevatore qualora la porta al piano non si trovi in posizione correttamente accostata/chiusa. Si rilevava anche che nonostante le ante al piano fossero correttamente chiuse e bloccate l’elevatore/ascensore non si bloccava consentendo l’apertura delle porte in netto contrasto con il funzionamento normale. Per fugare ogni dubbio su qualsivoglia ipotetica responsabilità colposa di B.L. venivano disposte dal pm intercettazioni telefoniche autorizzate dal gip ma alcun esito investigativo ne derivava. Del pari, le escussioni sia dei soccorritori che dei figli della coppia non fornivano indizi circa comportamenti anomali o situazioni pregresse di conflitto coniugale. Del resto, sul corpo del marito non erano stati riscontrati segni di colluttazione al momento del recupero della ferita e anche la chiamata al 118 appariva genuinamente connotata da uno stato di disperazione dell’uomo.
Anche l’interno dell’appartamento era stato ritrovato in ordine e privo di indizi di precedenti aggressioni o dinamiche violente. La stessa donna, escussa a sit una volta uscita dal lungo stato di incoscienza, non riferiva alcun dettaglio in tal senso, non essendo però in gradi di ricordare con precisione gli eventi. In conclusione, neppure a seguito di un’attenta analisi dei fatti e degli elementi probatori acquisiti nel corso delle indagini preliminari risulta possibile condurre la fattispecie concreta delle lesioni a specifiche condotte – colposo o dolose – di alcuno degli indagati. Nel caso concreto al momento della modifica del quadro elettrico non risultava prevedibile da parte del soggetto agente che la violazione della regola di condotta avrebbe portato al verificarsi dell’evento né è possibile dimostrare attraverso un giudizio ex ante che l’evento, nonostante l’osservanza della regola cautelare, non si sarebbe comunque verificato.
Con lo stesso metro di valutazione vanno giudicate le condotte amministrative e certificative di tutti gli altri indagati, difesi dagli avvocati Stefano Zurzolo, Eleonora Prete, Alessandro Martano e Stefano Stefanelli.