In ricordo di Tancredi

Ci sono luoghi dal fascino millenario come l’abbazia dei Santi Niccolò e Cataldo, appena fuori dalle mura cittadine della Lecce antica.

Siamo nel XII secolo, quando Tancredi, Conte di Lecce, avvia la fondazione della chiesa e del monastero dei Ss. Niccolò e Cataldo, la cui costruzione, iniziata nel 1179 e ufficializzata nel 1180, è arricchita con donazioni negli anni immediatamente successivi.

La storia di Tancredi segna la fine del dominio normanno nel sud Italia. Con la sua morte si compie il destino della dinastia Altavilla nella sua linea diretta. E’ una storia ricca di eventi e, per molti versi, travagliata.

Tancredi nasce, fra il 1134 e il 1138, dall’unione non legittimata di Ruggero III, duca di Puglia (figlio maggiore di Ruggero II di Altavilla, re di Sicilia) e di una figlia del Signore di Lecce Accardo II.

Non vi sono certezze in ordine al nome della madre. Stando ad un documento del maggio 1190 (menzionato da Francesco Panarelli, “Tancredi”, Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, 2019)Tancredi si rivolge a Emma, badessa del monastero di S. Giovanni Evangelista in Lecce e figlia di Accardo, con l’appellativo di “matertera”, cioè zia materna.

Tancredi ha un fratello minore, Guglielmo, con il quale trascorre l’infanzia a Lecce. Poi, nel 1149, alla morte precoce del padre, il nonno Ruggero II richiama a Palermo i due nipoti illegittimi.

Probabilmente Tancredi e suo fratello non sono estranei alle rivolte seguite, nel 1155-56, alla morte del nonno, contro lo zio, Guglielmo I detto il Malo, che ne ha preso il posto.

Imprigionato prima e poi liberato nel 1161, Tancredi è costretto a cercare riparo a Bisanzio, come molti dei ribelli. Solo alla morte di Guglielmo I, nel 1166, si giunge ad una riconciliazione e rientra a corte per ricevere probabilmente la Contea di Lecce, della quale diviene primo titolare.

Il suo ruolo anche fuori dalla Contea, appare significativo. Nel 1176 è riconosciuto come «magnus comestabulus et magister iustitiarius totius Apuliae et Terrae Laboris». In un territorio oramai assai ampio, comprendente l’Apulia e buona parte del principato di Capua, egli rappresenta la maggiore istanza giudiziaria, con ruolo di coordinamento rispetto ai giustizieri provinciali.

Nel novembre-dicembre del 1189, a seguito della morte improvvisa di re Guglielmo II ( figlio di Guglielmo I il Malo e privo di eredi), Tancredi diviene il candidato alla corona regia e si oppone alla successione di Costanza d’Altavilla, zia del re defunto e di Tancredi stesso, ma soprattutto moglie di Enrico VI di Hohenstaufen, secondogenito dell’imperatore Federico I detto il Barbarossa.

Il partito antisvevo, guidato dal vicecancelliere Matteo di Aiello, preoccupato dalla minaccia teutonica, ottiene l’elevazione a re del conte Tancredi (18 gennaio 1190). Tuttavia, il suo regno dura poco. Dopo la morte prematura del primogenito, Tancredi si ammala e muore il 20 febbraio 1194.

La reggenza del trono è assunta dalla moglie Sibilla, essendo ancora minorenne il figlio Guglielmo III.

In questa situazione la conquista del Regno di Sicilia, da parte di Enrico VI, finisce con il non presentare particolari difficoltà. La notte di Natale del 1194 Enrico VI viene incoronato re di Sicilia e può annettere il regno al Sacro Romano Impero.

Con la scomparsa di Tancredi si registra un’accanita repressione, senza pietà, nei confronti della nobiltà normanna, da parte di Enrico VI.

Anche le spoglie mortali di Tancredi vengono asportate dal sarcofago dove erano state riposte, nella Cattedrale di Palermo, e disperse. L’ira di Enrico VI si abbatte su Sibilla, la vedova di Tancredi, e sui suoi figli che fa deportare in Germania, dopo aver fatto accecare ed evirare il minore Guglielmo III, unico figlio maschio ancora in vita.

La figura di Tancredi, il cui busto è presente fra i Salentini illustri nella Villa comunale di Lecce, viene impietosamente denigrata da Pietro da Eboli, scrittore al soldo di Enrico VI, il quale lo descrive in termini “mostruosi”.

La Storia vuole che Enrico VI, nato nel 1165, muoia giovanissimo a Messina il 28 settembre 1197, probabilmente di malaria e dissenteria.

Albiria, figlia di Tancredi, imprigionata in Germania, viene liberata e può raggiungere la Francia, dove va in sposa a Gualtiero III, Conte di Brienne.

Quest’ultimo rivendica davanti a.papa Innocenzo III, tutore del minorenne Federico II, re di Sicilia, la contea di Lecce e il principato di Taranto, che erano stati concessi nel 1194 da Enrico VI a Guglielmo III, figlio di Tancredi, e a sua madre Sibilla, ma, poi, con un perfido stratagemma, erano stati tolti dopo poche settimane, con il conseguente inizio della feroce vendetta.

Il papa riconosce le rivendicazioni di Albiria sulla contea di Lecce e sul principato di Taranto. Nel maggio 1200 Gualtiero presta il giuramento di fedeltà a Innocenzo III in un pubblico concistorio e promette di appoggiare il legittimo re Federico II, al quale era stato imposto il nome di Federico Ruggero in onore dei due illustri nonni: Federico Barbarossa di Hohenstaufen e Ruggero II d’Altavilla.

Sulla figura di Tancredi, nella varia letteratura, vedasi anche Pier Fausto Palumbo, Tancredi conte di Lecce e re di Sicilia e il tramonto dell’età normanna, Societa storica di Terra d’Otranto, 1991; Tancredi conte di Lecce re di Sicilia: Atti del Convegno internazionale di studio, Lecce, 19-21 febbraio 1998, a cura di Hubert Houben e Benedetto Vetere, 2004, Congedo Editore.