La strada specchio della vita

La strada, specchio della vita

Seduti nel Teatro Cavallino Bianco di Galatina, i ragazzi ascoltano con gli occhi sgranati. Non è una rappresentazione teatrale quella a cui assistono, ma la messa in scena della vita vera, quella che scorre sull’asfalto ogni giorno. Perché la strada, diciamocelo, è il primo luogo dove incontriamo le parole “legge” e “regola”. È lì che la nostra libertà si misura con quella degli altri.

È un giorno speciale, questo 16 aprile 2025. Non un’ordinaria mattinata di scuola. Ci sono gli studenti dell’Istituto Comprensivo Polo 1 Galatina Collemeto, del Polo 3, del Liceo Scientifico Vallone, del Liceo Classico Pietro Colonna e dell’Istituto La Porta Falcone Borsellino. Sono stati portati qui perché questa lezione vale quanto cento pagine di educazione civica.

Walter Gabellone lo sa bene. Ventitré anni fa ha perso un figlio che oggi avrebbe 42 anni. “L’ho perso alle porte di Nardò, insieme a un’altra giovane vita: quella del suo migliore amico,” racconta con voce ferma ma carica di dolore. “Era un ragazzo come tanti di voi, aveva già compiuto 18 anni, lascia la scuola e si arruola nell’esercito italiano.” Da quel dolore straziante è nata qualcosa di straordinario: l’associazione Alla Conquista della Vita, che trasforma il lutto in testimonianza. “È meglio perdere un secondo nella vita che perdere la vita in un secondo”, ripete ai giovani studenti. E aggiunge: “L’unica rabbia che ho è che non indossavano le cinture di sicurezza. Se lo avessero fatto, quell’incidente non avrebbe provocato la morte.” Parole semplici, che pesano come macigni.

In platea c’è silenzio. Non il silenzio svogliato di chi aspetta solo la campanella, ma quello attento di chi intuisce che gli stanno parlando di cose che contano. Sul palco, figure di autorità che raramente i giovani vedono così vicine: il sindaco Fabio Vergine, l’assessore alla Pubblica Istruzione Camilla Palombini, il consigliere Andrea Gatto, Antonio De Donno – già procuratore della Repubblica di Brindisi – il capitano Alessandro Monti, comandante della compagnia dei Carabinieri di Gallipoli, e il dottor Luigi Tundo, dirigente della polizia locale. Tutti personaggi che i ragazzi sono abituati a percepire come antagonisti, ma che oggi diventano improvvisamente alleati nella più importante delle battaglie: quella per la vita.

Antonio De Donno racconta di quella telefonata ricevuta anni fa: “Dottore, ci sono sette ragazzi morti”. E di quel poliziotto che piangeva al telefono perché “non aveva mai visto una cosa del genere”. Il pubblico trattiene il respiro. Non sono numeri da statistiche, ma vite spezzate in un attimo, urla interrotte dallo schianto.

La distrazione, l’arroganza, il telefonino. E poi l’alcol, le droghe. Tutti nemici invisibili che ci aspettano al varco quando abbassiamo la guardia. “Su dieci donne che guidano, otto hanno il cellulare sempre in mano”, osserva Gabellone, scusandosi in anticipo per quello che potrebbe sembrare maschilismo. Non lo è, precisa: è solo un dato osservato. Il telefono è diventato una protesi che non sappiamo più staccare, nemmeno quando la nostra vita è appesa a un filo sottile chiamato attenzione.

“Il Codice della Strada non consente più di tenere un telefono in mano,” ricorda ai ragazzi, molti dei quali presto guideranno un motorino. “State attenti: non mettete il cellulare all’orecchio mentre guidate. Pensate, evitate, smandate, arrivate a terra, fate la testa e ci rimanete.” E aggiunge, con la voce incrinata: “E il problema non è il vostro. Il problema è del papà, della mamma, che piangeranno per sempre.”

E poi ci sono i social. Quei video di impennate, sfide assurde, bravate che raccolgono like mentre seminano morte. “Vi mostrano solo l’aspetto positivo della bravata,” ammonisce il dottor Luigi Tundo. “Non viene mai raccontata la conseguenza che può scaturire da un atteggiamento irresponsabile. Mi raccomando, ragazzi, i social usateli per finalità positive, mai per finalità negative.”

Confessa anche lui: “Non ho dormito per una settimana”, parlando di un incidente terribile del 2010 sulla provinciale verso Copertino. Racconta di quei genitori disperati, che colpivano i muri con pugni e testate, impotenti davanti all’irreparabile. “Sono immagini che veramente… io credo che non ci sia un aggettivo per descriverle. E soprattutto non ci sono parole per descrivere la reazione di quei due genitori, quando abbiamo dovuto dire loro che il ragazzo non era a scuola, ma in quella macchina.”

Con la voce rotta conclude: “All’epoca non ero ancora padre e non potevo immaginare. Quando poi sono diventato padre, ho capito davvero cosa può provare un genitore in una situazione del genere.”

“Il tempo è un bene che si consuma e che non è illimitato,” ricorda l’avvocato Vincenzo Renna aprendo l’incontro. Parole che risuonano come un monito in un’epoca in cui crediamo di poter sprecare tutto, anche la vita.

In fondo, è proprio questo il messaggio che l’associazione Alla Conquista della Vita porta nelle scuole: la strada non è solo un nastro d’asfalto, è lo specchio della nostra società. Riflette i nostri progressi e le nostre tragedie, la nostra fretta e la nostra disattenzione, la nostra arroganza e la nostra fragilità.

“Bisogna utilizzare la prudenza”, ripetono tutti i relatori come un mantra. Il sindaco Fabio Vergine sottolinea: “Prima ancora del Codice della Strada esiste un codice della vita, che al primo articolo prevede che la vita è sacra. È sacra la vita di ognuno.” Prudenza: sembra una parola démodé in un mondo che esalta la trasgressione e la velocità. Eppure è l’unica che può salvarci da noi stessi.

Il procuratore De Donno lo spiega in termini tecnici: “C’è un tempo psicotecnico di reazione: tra il momento in cui un pedone entra nella tua traiettoria e quello in cui ti accorgi della sua presenza e attivi i meccanismi per frenare, passa un secondo. In quel secondo, un’auto che viaggia a 20 km/h si ferma in 4 metri. Una che va a 100, in 10-15 metri.” Ecco perché la velocità uccide: quel secondo – lo stesso che non vogliamo “perdere” – può costare una vita.

Quando il capitano dei Carabinieri Alessandro Monti conclude ricordando che “non possiamo più permetterci neanche un morto sulla strada”, non parla di statistiche, ma di un dolore che si propaga come un’onda d’urto, travolgendo famiglie, amici, comunità. “Ragazzi,” dice con voce ferma, “il 90% degli incidenti stradali è causato da un fattore umano.” E poi, guardandoli negli occhi: “La vita è una sola. Posso immaginare cosa pensiate: sì, va bene, ma a me non capiterà. Ragazzi, può capitare a tutti.”

Il capitano spiega l’articolo 186 bis del Codice della Strada, che riguarda il tasso alcolemico per i minori di 21 anni: “Fino ai 21 anni, o entro i 3 anni dal conseguimento della patente B – e per chi guida per professione – non è mai consentita l’assunzione di sostanze alcoliche.” E aggiunge: “Oggi viene sanzionata anche la semplice assunzione. Abbiamo dei kit di primo livello che, tramite un prelievo di saliva, rilevano la positività.”

L’assessora Camilla Palombini si rivolge direttamente ai ragazzi: “Siete giovani, ma presto prenderete la patente. Tutto questo serve per adottare un comportamento responsabile verso gli altri, ma soprattutto verso voi stessi, perché la vita è una e va tutelata, sempre.”

C’è un ultimo consiglio, prezioso, dal procuratore: “Quando chi vi sta dando un passaggio non è affidabile, quando vedete che corre, che viola le regole, che fa cose pericolose, dovete invitarlo a fermarsi e scendere. Chiamate i vostri genitori, fatevi venire a prendere. Meglio aspettare un quarto d’ora in strada che rischiare la vita per colpa di uno scalmanato completamente fuori controllo.”

I ragazzi escono dal teatro. Fuori, ci sono gli etilometri e i test per le droghe. Possono provarli, toccarli con mano. Il capitano Monti ha organizzato un’esposizione per mostrare “gli strumenti utilizzati su strada per la verifica immediata, sia per l’alcol sia per gli stupefacenti.”

Forse qualcuno pensa ancora: “A me non succederà mai.” Ma un seme è stato piantato. E questo seme si chiama responsabilità.

Perché la vita, come ha detto l’assessora Palombini, “è una sola e non possiamo sprecarla per piccole bravate”. O, se preferite, per un secondo di distrazione. Quel secondo che, come ricorda il motto dell’Associazione Alla Conquista della Vita, è meglio perdere nella vita, piuttosto che perdere la vita in un secondo.

Vincenzo Candido Renna