Sono di pochi giorni fa le notizie riguardanti altri arrivi di migranti sulle coste del Salento, eventi che ormai non fanno quasi più notizia, che continuano a essere definiti “emergenza” utilizzando però un termine che in realtà serve a nascondere una profonda disorganizzazione. Afferma il Segretario Generale Silp Cgil Lecce, Antonio Ianne.
In particolare l’ultimo di questi arrivi, quello presso Gallipoli di circa cinquanta uomini intercettati a bordo di un veliero con l’arresto anche di alcuni cosiddetti “scafisti”, ha mostrato delle lacune inaccettabili per le dimensioni dello sbarco e per come la provincia di Lecce dovrebbe essere attrezzata all’accoglienza.
È capitato, infatti, che il centro per l’identificazione Don Tonino Bello di Otranto fosse stracolmo di migranti, provenienti da altre province, che vi erano stati condotti e che si sia deciso di procedere alle operazioni di fotosegnalamento direttamente sul posto, cioè al porto di Gallipoli, in orario notturno, allestendo, per l’occasione, una piccola tendopoli.
Il maltempo di questi giorni però ci ha messo lo zampino e così, le raffiche di vento di un temporale, hanno impedito il completo utilizzo delle tende e, in assenza di altre soluzioni, operatori di Polizia e migranti appena sbarcati dal veliero sono stati costretti ad aspettare il completamento delle operazioni d’identificazione sotto la pioggia battente per molto tempo, cercando improbabili ripari a ridosso delle mura del porto e di piccole sporgenze presenti nella zona. In aggiunta, per gli operatori presenti, vi è anche la responsabilità dell’accoglienza e della vigilanza sui migranti da identificare.
Le operazioni d’identificazione sono poi proseguite in alcuni locali reperiti sul momento e messi a disposizione dalla Capitaneria di Porto.
Quanto accaduto è, a parere della nostra Organizzazione sindacale, inaccettabile sotto il profilo umano, della dignità delle persone e della loro incolumità, delle condizioni di lavoro degli operatori di Polizia e della loro sicurezza.
Riteniamo che in una terra come la nostra, in cui l’accoglienza è una pratica consueta sin dal 1991, non si possa continuare a parlare di emergenza ma si debba lavorare per cercare di evitare di farsi trovare impreparati anche per piccoli eventi come quelli di pochi giorni fa. Aggiustando i limiti evidenti di questa presunta organizzazione che costringe chi è sul campo a trovare soluzioni estemporanee alle falle aperte da chi vive le situazioni seduto a tavolino e, nel momento dell’emergenza, magari è in un letto confortevole.
Dobbiamo dare atto dell’impegno, anche personale, di Prefetto e Questore della provincia e siamo a conoscenza dell’esistenza di un piano provinciale degli sbarchi ma, per quanto ne sappiamo, il piano entra in funzione solo per eventi che riguardano almeno 100 migranti. Negli ultimi anni, nella nostra provincia, non ricordiamo di sbarchi di quest’entità, per cui ci chiediamo: quando e se mai sarà applicato il piano provinciale per poterne dare una valutazione?
Vorremmo capire se non si ritiene opportuno predisporre un protocollo calibrato sulla tipologia di sbarchi che più ci interessano, quelle con poche decine di migranti. Se non sia il caso di pensare anche a come dotarsi di strumenti e strutture per accorciare, in circostanze come questa, i tempi d’identificazione, ad esempio in provincia vi è solo un’attrezzatura portatile per le identificazioni, piuttosto che aumentare il numero di operatori e volontari che, in situazioni particolari, aiutano, ma non risolvono.