“Boni… boni… state boni!”: con questa frase, in Mediaset, un noto presentatore ammansiva i suoi facinorosi ospiti. Confidando nell’efficacia dell’applicazione di tecniche similari anche su larga scala, il Governo ha ora pressocchè imposto per legge a tutti i cittadini italiani
di smetterla di litigare: dal 20 marzo 2011 infatti entra in vigore la “mediazione civile obbligatoria”, prevista dal decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010, che un’altrettanto nota presentatrice Mediaset, nell’autunno scorso, si è curata di preannunciare in toni trionfalistici come la panacea per tutti i mali della giustizia civile italiana, con uno spot governativo che è stato mandato insistentemente in onda su tutte le reti televisive. In realtà, come ha spiegato l’O.U.A. (Organismo Unitario dell’Avvocatura italiana) in una “lettera aperta” ai cittadini, la mediazione civile obbligatoria costituisce solo un “grande inganno” e determinerà la “rottamazione” della giustizia civile. Ed è per questo che l’avvocatura italiana si sta mobilitando per contrastarla con manifestazioni pubbliche ed astensioni dalle udienze.
La riforma impone, per una serie di controversie, l’esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione prima di potersi rivolgere ad un giudice. Precisamente sarà obbligatorio il tentativo di conciliazione per le cause aventi ad oggetto: diritti reali; divisione; successioni ereditarie; patti di famiglia; locazione; comodato; affitto di azienda; risarcimento del danno derivante da responsabilità medica; risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità; contratti assicurativi, bancari e finanziari (anche per le controversie in tema di “condominio” e “risarcimento del danno da circolazione di veicoli” è stata prevista l’obbligatorietà della “mediazione” ma per esse la sua entrata in vigore è stata differita di un anno con il recente decreto “Milleproroghe”).
Il Governo introducendo la “mediazione civile obbligatoria” ha dichiarato che l’obiettivo perseguito è di decongestionare il malmesso settore della giustizia civile. Nella realtà dei fatti, però, il problema delle inefficienze dello Stato nel dare una risposta adeguata all’esigenza di giustizia dei cittadini viene risolto scaricando il peso di tali inefficienze sulle spalle di questi ultimi, se non proprio reprimendo in radice l’insorgere della stessa esigenza di giustizia (il che non è mai stato un buon modo per risolvere i problemi). Infatti, la scelta di esperire il tentativo di conciliazione non è rimessa alla valutazione del cittadino, ma la “mediazione” sarà “condizione di procedibilità”: ciò significa che, d’ora in poi, il cittadino dovrà presentare istanza per il tentativo di conciliazione ed attendere 4 mesi prima di potersi rivolgere al giudice, perché se così non facesse ed iniziasse direttamente la causa, il giudice rileverebbe comunque tale circostanza e assegnerebbe alle parti un termine di 15 giorni per procedere alla “mediazione obbligatoria” che era stata “saltata”. Non solo: la “mediazione” non sarà gratuita, per cui aumentano le spese di lite e chi vorrà far causa dovrà aggiungere ai costi attuali del normale giudizio anche l’onorario in favore dell’organismo di mediazione, che sarà proporzionale al valore della controversia e sempre a carico di entrambi i litiganti in parti uguali (perché nella mediazione non potrà mai applicarsi il principio secondo cui chi perde paga le spese anche all’altro, e ciò per definizione, perché appunto non c’è nessuno che perde e nessuno che vince).
La conseguenza è che se si è in lite ad es. per 300 euro, converrà farsi passare rapidamente i bollenti spiriti perché soltanto per l’esperimento del tentativo di conciliazione occorreranno € 170 (€ 40 di spese di avvio, € 65 un litigante, € 65 l’altro litigante). Ed ancora, la “mediazione” sarà compiuta da organismi privati (con personale non adeguatamente qualificato) ai quali, come denuncia l’O.U.A., la giustizia è stata “svenduta”, liddove invece poteva semplicemente stabilirsi che tale funzione fosse effettuata preliminarmente dal giudice, magari aumentando solo gli organici e stanziando più fondi per la giustizia, anziché ridurli: il giudice infatti è certamente più qualificato, avendo conseguito la laurea in giurisprudenza ed altresì superato un rigorosissimo concorso. A ciò si aggiunga che non valgono per il tentativo di conciliazione le regole di competenza territoriale di quando si affronta un giudizio poichè esso si esperisce “semplicemente” nel luogo scelto da chi decide per primo di presentare la domanda, per cui l’organismo di mediazione potrebbe non essere quello “sotto casa”, ma al contrario si potrebbe essere convocati anche a centinaia di chilometri di distanza e, se non ci si presenterà, lo si farà a proprio rischio, perché è stato stabilito anche che il giudice potrà, nel successivo giudizio, valutare ciò negativamente.
Insomma, gli spot governativi hanno entusiasticamente annunciato che la “mediazione obbligatoria” snellirà i processi e contribuirà alla riduzione della loro eccessiva durata, ma la verità (come denuncia l’O.U.A.) è un’altra: e cioè che le “caste” di questo Paese hanno messo le loro mani sul business della giustizia civile, ponendo fine all’accesso universale e pubblico alla macchina giudiziaria, con la conseguenza che, se la “mediazione” non verrà abrogata o almeno resa “facoltativa”, si arriverà in futuro ad avere una giustizia rapida per i più forti e un’altra di serie b, costosa, lenta e inefficiente per i cittadini comuni.
Sta dunque arrivando, “ballando con le stelle”, la tanto pubblicizzata “mediazione civile obbligatoria”: cittadini italiani, d’ora in poi, fate i bravi se potete!
avv. Antonio Chirico
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