Sarebbe quantificabile in 12,5 miliardi di euro il volume d’affari delle “agromafie” di cui 3,7 miliardi di euro da reinvestimenti in attività lecite (30% del totale) e 8,8 miliardi di euro da attività illecite (70% del totale). Un giro d’affari complessivo stimato in circa 220 miliardi di euro l’anno (l’11% del Pil).
Questo è quanto emerge dal Rapporto Eurispes-Coldiretti sui crimini alimentari. A renderlo noto è lo stesso Presidente della Coldiretti Puglia, Pietro Salcuni, nel corso del convegno di apertura alla Fiera del Levante.
Il dato è allarmante: 1,8 milioni di tonnellate di grano duro sono entrate in Italia nel 2010 di cui il 56.5% solo a Bari. I controlli del Nas di Bari hanno accertato che circa 2 milioni di quintali di olio (quanto l’intera produzione pugliese) sono stati importati nel nostro paese, destinati alla miscelazione con l’olio locale; il prodotto così mistificato veniva venduto come olio extra-vergine d’oliva pugliese. Nel settore caseario, sono 86 milioni le tonnellate di latte e derivati introdotte in Italia, di cui 1,6 milioni giunte direttamente nelle aziende pugliesi, provenienti per lo più da Germania, Repubblica Ceca, Austria, Ungheria, Slovenia e Francia. Le derrate in questione pervenivano, spesso, già sofisticate e miscelate per poi essere spacciate come prodotti di qualità.
«La Puglia è una delle regioni maggiormente esposte ai crimini in materia agroalimentare – ha incalzato l’assessore regionale alle Risorse Agroalimentari, Dario Stefano – poiché vanta un sistema produttivo agricolo considerato affidabile, capace di produrre in qualità e sicurezza alimentare. Il brand Puglia evoca gusto, qualità, sicurezza e quindi si presta più di altri alle imitazioni. Su questi temi la Ue si è sin qui dimostrata troppo poco incisiva ed in ritardo, con un quadro regolamentare e normativo a maglie troppo larghe, che ha penalizzato proprio chi ha una tradizione da difendere. Sul tema della lotta alle agropiraterie si deve fare molto di più, ma le Regioni non possono continuare a restare sole».
E “agropirateria” è il termine coniato da Coldiretti per descrivere questo nuovo, deleterio quadro criminale che si sviluppa attraverso le importazioni, la manipolazione e la trasformazione di prodotti agricoli di dubbia qualità e provenienza i quali, giunti in Italia, possono poi fregiarsi, fraudolentemente, del marchio “made in Puglia” e “made in Italy”. Per questo «è assolutamente necessario – ha affermato Salcuni – che l’attività di controllo sia accompagnata da un sistema sanzionatorio più rigido che preveda, per coloro che si macchiano di reati contro la sicurezza alimentare, pene pecuniarie molto elevate fino ad arrivare alla detenzione e alla confisca di beni mobili ed immobili che, come già avviene per i beni sottratti alla criminalità organizzata di stampo mafioso, potrebbero essere assegnati a cooperative e/o associazioni onlus per la produzione, la trasformazione e la commercializzazioni di produzioni agricole ed agroalimentari tipiche di qualità».