Undici pale da 22 mw di potenza. Undici pale tra uliveti secolari e macchia mozzafiato. In una zona considerata la “plaga dell’ogliarola”, ma che per i giudici romani “non può essere considerata meritevole di tutela perché localizzata tra l’area Pip, la discarica ormai esaurita di rifiuti solidi urbani e l’impianto
di depurazione dei reflui del Comune di Vernole”. E’ così che la Sez. V del Consiglio di Stato spiana la strada al mega eolico di Castrì, rigettando il ricorso degli ambientalisti contro il provvedimento regionale che autorizza la realizzazione della centrale della TARIFA ENERGIA s.r.l.. Contro il progetto era insorta Italia Nostra con la sua Presidente Nazionale. Con il ricorso l’associazione contestava, tra l’altro, la mancanza della valutazione di impatto ambientale, l’interferenza con le specie protette che vivono e nidificano nel sito delle Cesine, nonché la carenza di uno studio di impatto acustico adeguato che tenesse conto dei vari recettori sensibili. Ma già il Tar Lecce aveva rigettato il ricorso di primo grado, confermando la correttezza del procedimento e la fattibilità del progetto. Il Consiglio di Stato si è spinto oltre, perchè, accogliendo le tesi difensive dei difensori della Tarifa, Pietro e Antonio Quinto, ha dichiarato infondato il ricorso d’appello, osservando che l’area interessata dall’intervento, appunto, non sia meritevole di tutela. La distanza tra l’area di intervento e l’area protetta delle Cesine, che varia da 7,5 a 10 km, costituisce ampia garanzia di tutela delle specie presenti nella riserva naturale: né è ipotizzabile, sulla scorta degli studi scientifici acquisiti nel corso del giudizio, che l’area stessa possa essere interessata da flussi migratori. Per quanto riguarda le specie di uccelli presenti nell’area, si tratta in realtà di specie comuni presenti in qualsiasi area vegetata più o meno estesa. Si legge, poi, nella sentenza che non vi era alcuna necessità che l’approvazione del progetto, già sottoposto a screening ambientale, venisse interessato da una ulteriore valutazione di impatto ambientale preventiva. Il ricorso avviato da Italia Nostra è stato persino giudicato temerario e la stessa associazione è stata condannata al pagamento di un indennizzo nei confronti della società proponente.
“Questa decisione conferma la correttezza di un progetto che rispetta scrupolosamente le regole fissate dal legislatore statale e regionale- ha commentato l’avvocato Quinto-. Nel progettare l’intervento, la società si è preoccupata di minimizzare l’incidenza dello stesso sul territorio, su flora e fauna. Talvolta, l’argomento della tutela dell’ambiente e dei valori del paesaggio viene utilizzato in assenza di seri presupposti, in modo strumentale e fuorviante. Il Consiglio di Stato ha stigmatizzato tale importazione, condannando giustamente l’Associazione Italia Nostra per lite temeraria”.