La notizia del sovraffollamento carcerario non desta più alcun clamore, se ne parla da troppo tempo senza giungere ad una soluzione. Eppure si tratta di un disagio sociale che lede la dignità umana. Ma quel che rende la vita carceraria ancor più disagevole è la carenza del personale organico deputato all’assistenza dei detenuti e alla sicurezza, con gravi conseguenze anche per gli agenti. Lo ha esposto oggi, in una conferenza stampa presso la casa circondariale di Lecce, l’Organizzazione Sindacale Autonoma di Polizia Penitenziaria
Il Sindacato Osapp, rappresentato oggi dal vicesegretario nazionale, Mimmo Mastrulli e dal vicesegretario provinciale, Ruggero Damato, ha presentato cifre al limite della vivibilità per l’intero sistema carcerario. Determinante a far scattare una nuova emergenza è stata la relazione stilata dalla Asl di Lecce a seguito di ispezione presso il carcere di Borgo San Nicola, che attesta ciò che la Polizia Penitenziaria lamenta da tempo e condivisa dal direttore della struttura, Antonio Fullone.
Il carcere di Lecce non dovrebbe superare le 700 unità detenute mentre attualmente ne gestisce 1350. La relazione parla di non agibilità e non abitabilità della struttura dovuta al sovraffollamento ma anche per la carenza del materiale primario per l’igiene quotidiana. Le lamentele dei detenuti, a tal proposito, vengono assorbite dal personale di Polizia Penitenziaria che si scontra anch’essa con la carenza di organico al suo interno. All’origine del sovraffollamento – ha spiegato Mastrulli – oltre all’aumento dei reati, vi è una violazione della regola comunitaria che prevede il fermo degli arrestati, almeno per i reati minori, presso le celle di sicurezza all’interno di caserme e questure del territorio. L’aggravio dell’eccessivo numero di detenuti nelle carceri è determinato da questo vizio di forma che si scontra con la volontà della Magistratura di trasferire in carcere tutti i fermi.
La dirigenza del carcere, riconosce le gravi carenze che compromettono la vivibilità, così come riconosce la carenza di organico tra gli agenti che per Borgo San Nicola si traduce in 35 unità di urgenza a fronte degli auspicabili 170 suddivisi in 150 agenti uomini e 20 donne. A Lecce, infatti, esiste il braccio femminile di detenute, molte delle quali madri con figli piccoli anch’essi residenti nella casa circondariale e per i quali non esiste la giusta assistenza sanitaria, educativa e ludica, conforme alla loro crescita. Il sindacato considera disumano tenere tra le sbarre bambini piccoli ma anche madri e porta avanti una battaglia contro la detenzione che condivide con i vertici nazionali.
Neanche dalla Regione – ha sottolineato il vicesegretario nazionale del sindacato – si hanno segnali di inversione del sistema. Nonostante il presidente Vendola, garante per i detenuti, si dica sensibile ai suicidi firmando protocolli d’intesa con le carceri, in realtà è assente sul campo e non conosce la realtà effettiva che induce i detenuti a gesti estremi.
La situazione illustrata per il carcere di Lecce non è diversa a quelle di altre città della Regione. Foggia, Taranto, San Severo, Lucera, tutta la Puglia conta 2 mila detenuti in più di quanto le case circondariali potrebbero contenerne. Mancano le risorse per incrementare il personale ma gli sprechi non si contano. Lo Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) con sede a Lecce in piazza Mazzini, costa allo Stato 100mila euro di affitto l’anno, “eppure – ha fatto notare il vicesegretario provinciale Damato – a lato della struttura di Borgo San Nicola c’è un edificio composto da quattro appartamenti, due destinati ai dirigenti, altri due chiusi che potrebbero essere utilizzati per gli uffici Uepe”. Stesso spreco per il carcere di Maglie dove vengono spesi dai 35 ai 40 mila euro l’anno. Una struttura quasi abbandonata per la quale il direttore Fullone ne ha disposto la chiusura e il trasferimento della gestione, dall’attuale comunale al demanio per la creazione di una struttura che accolga soggetti in regime di semilibertà. Per il carcere minorile di Monteroni, invece, previo sopralluogo, se ne chiede l’immediata riapertura per il trasferimento di detenuti provenienti da Bari. Tanti i “carrozzoni” inutili che per il loro esistere impiegano dirigenti e funzionari. Una gestione più oculata, secondo Mastrulli, permetterebbe di recuperare le risorse idonee per far fronte alle necessità.
Assente inoltre la sicurezza per la Polizia Penitenziaria che spesso si muove per trasferimenti con un parco mezzi limitato e non idoneo al trasporto di detenuti sotto ogni regime, anche i più pericolosi. Le traduzioni, sono eccessive e costose soprattutto nei casi di trasferimenti dal carcere verso le strutture sanitarie, a tale spreco si potrebbe ovviare con il rafforzamento del sistema sanitario interno.
Il sindacato Osapp, definitosi di azione ma che mantiene ottimi rapporti con i vertici dirigenziali delle case circondariali, chiede a gran voce maggiori stanziamenti, attenzione dello Stato e rafforzamento del personale di Polizia Penitenziaria, in virtù della definizione di Paese civile, la cui civiltà si manifesta anche dalla gestione delle carceri.