Continua l’intensa programmazione di incontri nella storica sede della “Galleria Maccagnani” di Corso Vittorio Emanuele all’interno della Collettiva di arte e poesia contemporanea: “SILENZIOSINGANNI… sugli orizzonti di Paul Delvaux e Anais Nin”, a cura di Pompea Vergaro e Elisabetta Opasich, organizzata da “L’Officina delle Parole” di Lecce in collaborazione con il Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce.
L’appuntamento di lunedì 25 febbraio 2013 prevede, alle ore 19:30, la presentazione della seguente silloge poetica: Erminio Giulio Caputo “DIECI INEDITI” – Artebaria, 2012. Pompea Vergaro incontrerà la curatrice e traduttrice delle opere poetiche, Prof.ssa Lidia Caputo, con l’intento di condurre il pubblico ad un viaggio emozionale. Coordina la serata Elisabetta Opasich.
Come consuetudine, la musica, sarà la fedele compagna di “SilenziosInganni”. Così, nella seconda parte della serata, si esibiranno, con “Voci di Sax”, Fulvio Palese al sassofono e Luigi Botrugno al pianoforte.
La raccolta “DIECI INEDITI” prende vita grazie ad un rinvenimento della stessa Lidia Caputo, figlia del Poeta, “di componimenti manoscritti in un taccuino di lavoro. Tale taccuino è una agenda a calendario dell’anno 1985 rilegata in tela e dalla copertina logora, che vengono pubblicati in corpus per la prima volta”, come asserisce Emilio Filieri, ordinario in letteratura Università di Bari, che ne ha curato la postfazione. “La ricerca del sacro” non costituisce solo una delle tematiche più attuali dell’Opera poetica del salentino Erminio Giulio Caputo, “DIECI INEDITI”, ma un filo conduttore imprescindibile della sua ispirazione, anche alla luce di quest’ultima pubblicazione: risalendo alla prima silloge poetica del Nostro, edita nel 1953, La fòcara, “la ricerca del “sacro” si inscrive nell’ambito della religiosità popolare: il titolo rimemora il grandioso falò votivo in onore di Sant’Antonio Abate, festeggiato il 17 gennaio a Novoli, paese natale del poeta. Da quel lontano 1953 al 2004, anno del suo ultimo inedito, Sul Golgota, si dipana un itinerario poetico che comprende Marisci senza sule (Editrice Salentina, Galatina, 1976), La Chesura (Capone, Lecce, 1980), Ầprime Signore (Lacaita, Manduria, Bari-Roma, 1990), Spilu de site (Editrice Orantes, Lecce, 1994). Concordo pienamente con Giacinto Spagnoletti, il quale, nell’introduzione alle liriche del Nostro pubblicate nell’antologia Poesia dialettale dal Rinascimento ad oggi, (Garzanti, Milano, 1991, II vol. pp. 1010-1011), sottolinea “l’intensa vena etico-religiosa di Erminio Giulio Caputo che affida al dialetto salentino le sue ansie e le traversie spirituali, aperte ai più drammatici interrogativi”.
In questi ultimi inediti, “il sacro” non si configura solo come punto d’arrivo della ricerca esistenziale e religiosa del Caputo, ma anche come punto di partenza. Lo documenta altresì la poesia eponima della silloge, Salentu, ndrìzza la prua, in cui il poeta traccia le coordinate storico-esistenziali del suo viaggio verso una terra rinnovata dallo Spirito.
Questi scritti confermano che nel poeta salentino la ricerca del divino non si esaurisce “nella tensione mistico-religiosa verso l’infinito, verso il Deus absconditus, che non si rivela all’autore se non per speculum et in aenìgmate, come sostiene San Paolo. Difatti la quête delle tracce del divino in Caputo si estende alla storia, che costituisce una dimensione “contigua” al soprannaturale: proprio nella realtà effettuale esplode la tensione verso la conquista della giustizia, dell’amore, della libertà come Assoluto, che coinvolge in un afflato cosmico l’intero universo.
L’itinerario del Nostro non è pertanto circolare, ma pluridirezionale, poiché abbraccia tutta la realtà storica, fisica e metafisica nelle sue molteplici manifestazioni in cui il viator scopre segnali evidenti o impercettibili di una presenza provvidenziale. Tale aspetto si può riscontrare nell’inedito L’universunţra nu jersu, in cui l’autore condensa in un verso, sintesi del suo microcosmo poetico, le varie esperienze umane positive e negative, segnate dal peccato, ma anche dal perdono e dalla grazia: Memmìni n’terra e m’ausi fenca a Tie. (Lidia Caputo)
A cura di Pamela Pinto