TREPUZZI (Lecce) – La Procura chiude le indagini a carico dell’omicida del montenegrino Fatmir Makovic avvenuto la notte tra il 28 e il 29 marzo scorsi all’interno del bar “Gold” di Trepuzzi.
Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari compare il nome di Fabio Perrone, il 41enne di Trepuzzi, accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e di porto e detenzione di arma da fuoco. Non solo. La Procura contesta anche il tentato omicidio del figlio della vittima rimasto in vita per miracolo. Non è stata ravvisata però l’aggravante delle modalità mafiose.
Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari non compaiono i nomi di Alessandro Pezzuto e Alessio Perrone (cugino dell’omicida), rispettivamente di 38 e 39 anni sempre di Trepuzzi indagati a piede libero con l’accusa di favoreggiamento dopo che la Procura dispose la proroga delle indagini Avrebbero portato via in momenti diversi Perrone dal luogo in cui si consumò l’omicidio. Prima nei pressi di un sagrato e poi a Casalabate dove il killer si rifugiò. Le indagini sul loro conto non sono chiuse.
Il pubblico ministero Francesca Miglietta ha delegato i carabinieri di eseguire ulteriori accertamenti dopo la proproga delle indagini disposta mesi fa. Si vuole accertare l’effettivo ruolo avuto dai due in tutta la vicenda. Secondo la ricostruzione dei militari, infatti, l’agguato sarebbe scaturito per presunte avances avanzate ad un’amica dei Perrone presente nel bar. Tutte ipotesi che dovranno trovare i necessari riscontri con il prosieguo delle indagini. L’omicidio si consumò all’interno del bar in via Kennedy.
Fabio Perrone, conosciuto come “Triglietta”, esplose sette colpi di una pistola Crvena Zastava, una pistola calibro 9 semi automatica di fabbricazione serba contro il cittadino montenegrino. Secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, il 41enne puntò l’arma contro il montenegrino residente nel campo rom “Panareo” inseguendolo sino al bagno dove la vittima tentò di rifugiarsi scaricandogli sette colpi. Fatale si rivelò la ferita al torace. Gravemente ferito rimase anche il figlio, un ragazzo di appena 17anni.
Venne trasportato all’ospedale “Vito Fazzi” in gravi condizioni e per le ferite in volto fu poi trasportato in una struttura specializzata in provincia di Bari per una ricostruzione maxillo-facciale in quanto un proiettile lo colpì in pieno volto causandogli gravi lesioni. L’omicida venne arrestato dopo poche ore nella sua abitazione di Casalabate con la pistola poggiata sul comodino. Nel corso dell’udienza di convalida Perrone, assistito dall’avvocato Antonio Savoia, riferì: “Non ho più ragionato, ho tolto la pistola ad uno dei miei aggressori e ho incominciato a sparare all’impazzata”. Non ha sappe fornire cosa avesse potuto catenare un rigurgito di così tanta violenza in poco tempo.
Perrone, ora detenuto a Palermo, raccontò di una lite con gente del campo rom sfociata all’esterno dove sarebbe stato accerchiato. E quando vide un individuo estrarre una pistola lo avrebbe placcato recuperato la pistola e seminato il panico con la sanguinosa reazione. L’omicidio fece sprofondare la cittadina di Trepuzzi nel terrore e nella paura di possibili ritorsioni da parte dei cittadini di etnia rom ma fortunatamente quel fatto di cronaca rimase un episodio isolato. Gli altri due indagati sono assistiti dagli avvocati Ladislao Massari e Marco Pezzuto I familiari della vittima, invece., da Christian Quarta e Federico Mazzarella De Pascalis.
F.Oli.