SQUINZANO (Lecce) – I presunti componenti del sodalizio smantellato con l’operazione “Staffetta” fanno scena muta. In sette sono comparsi nelle scorse ore davanti al gip Simona Panzera per gli interrogatori di garanzia. E tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere: il presunto capo Alessio Fortunato, 33 anni, di Squinzano, ritenuto vicino al clan dello squinzanese Sergio Notaro; i fratelli Marco Rapanà, 36 anni e Raffaele Rapanà, 20, di Squinzano; Marco Maddalo, 29, di Trepuzzi; Fausto Valeriano Poso, 28, di Squinzano; Emilio Scozzi, 21, di Squinzano; Fabrizio Mangeli, 48, di Squinzano. Domani, invece, sarà il turno del fratello Alberto, detto Roberto. Il 50enne di Squinzano si trova ricoverato presso l’ospedale “Perrino” di Brindisi e verrà sentito per rogatoria davanti al giudice del Tribunale brindisino. Sarà ascoltata anche Georgia Bagordo, 21 anni, di Squinzano, compagna di Marco Rapanà. La giovane è in gravidanza e si trova ai domiciliari.
L’indagine è stata condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Lecce. I militari hanno smantellato un “call center” per gestire la piazza dello spaccio. Un fiorente giro di droga all’ombra del clan. Centinaia e centinaia di dosi di cocaina e anche di eroina spacciate nel triangolo fra Squinzano, Trepuzzi e Campi Salentina. Un mercato gestito con un modulo organizzativo particolare: un’unica utenza cellulare e nessun dialogo. Solo squilli ed sms inviati ad un apparecchio che, secondo turni stabiliti, passava da un fornitore all’altro. Proprio come una staffetta. Da qui il nome dell’operazione. Un’unica utenza, una sorta di numero verde dello spaccio, che i clienti contattavano per prenotare la dose. La consegna, poi, avveniva nei soliti luoghi, preventivamente fissati, quasi sempre in periferia. Niente dialoghi al telefono. Troppo pericoloso. Ma l’accorgimento non è bastato per evitare le indagini e gli arresti.
Il gip Simona Panzera, su richiesta del pubblico ministero Maria Rosaria Micucci, ha disposto la custodia in carcere per nove presunti componenti dell’organizzazione che avrebbero tirato le fila dello spaccio. Fortunato ha ricevuto il provvedimento in carcere, dove è recluso con l’accusa di associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Movimentato è stato l’arresto di Marco Rapanà che, grazie ad un sofisticato sistema di videosorveglianza, era riuscito a scorgere l’arrivo dei carabinieri. Ha tentato di fuggire ma è stato inutile. In casa di Raffaele Rapanà, invece, sono stati sequestrati 1400 euro in contanti, nascosti in un contenitore.
Le indagini, condotte dai carabinieri sono partite nel gennaio scorso. Ed hanno incrociato anche l’intensa attività svolta per arrestare Fabio Perrone, l’ergastolano che era fuggito dall’ospedale “Vito Fazzi” durante un accertamento diagnostico e poi rintracciato dopo una latitanza di due mesi. Tutto è cominciato l’8 gennaio scorso quando a Emilio Scozzi, fermato nel corso di un controllo antidroga, sono stati sequestrati due telefoni cellulari e 540 euro in contanti. Una consulenza tecnica sul telefono che faceva la staffetta ha consegnato nelle mani degli investigatori tabulati e rubrica. Elementi che hanno permesso di squarciare il velo sulla fiorente attività di spaccio. Di cocaina ne è circolata davvero tanta. Lo hanno confermato dagli stessi clienti agli investigatori. Uno, in particolare, ha riferito che nell’arco di 46 mesi, dal mese di aprile 2012 al 4 febbraio 2016 ha effettuato circa 760 acquisti di cocaina: mezzo grammo per volta ad un costo 30 euro. Tutti i clienti (almeno quelli che non si sono fatti piegare dalla paura di possibili ritorsioni) hanno confermato che la richiesta di droga avveniva attraverso uno squillo o messaggi inviati sulla solita utenza. Gli arrestati sono difesi dagli avvocati Stefano Prontera, Andrea Starace, Antonio Savoia, Ladislao Massari e Andrea Capone.
F.Oli.