F.Oli.
GALLIPOLI (Lecce) – Si chiude con una condanna a dieci anni di reclusione (così come richiesto dalla Procura) il processo a carico di Marco Barba, l’ex collaboratore di giustizia di Gallipoli, accusato di stalking, tentata estorsione ai danni del consigliere comunale Sandro Quintana, detenzione di armi e munizioni comuni da sparo, materiale esplodente e di danneggiamento seguito da incendio. La sentenza è stata emessa dai giudici della prima sezione penale (Presidente Stefano Sernia) che hanno disposto anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per il 45enne. In sede di discussione l’avvocato difensore Fabrizio Mauro aveva chiesto l’assoluzione dall’accusa di tentata estorsione e la riqualificazione del reato di stalking in minacce. Non appena verranno depositate le motivazioni (previste per i prossimi 90 giorni) la difesa proporrà appello.
L’indagine è stata ribattezzata “Barbapapà”. Gli accertamenti, coordinati dall’allora sostituto procuratore Alessio Coccioli, sono stati condotti dai carabinieri della Compagnia di Gallipoli al comando del capitano Francesco Battaglia. Le denunce sporte dal consigliere di minoranza del Comune di Gallipoli, con un passato, dal 2009 al 2014, di consigliere provinciale e comproprietario del ristorante “Mare Chiaro”, hanno messo in moto le indagini. Le intimidazioni risalgono alla scorsa estate. Quintana e altri dipendenti del ristorante sarebbero stati avvicinati, intimiditi e costretti a cambiare le proprie abitudini di vita. Tanto che alcuni di loro avrebbero persino rinunciato ad entrare nel locale.
Tale campagna persecutoria sarebbe riconducibile all’incapacità delle vittime di consentire, nel corso di più serate di fine estate, l’ingresso gratis di Barba nelle principali e più frequentate discoteche gallipoline, grazie alle loro conoscenze con i gestori dei locali notturni. In alcune occasioni “Tannatu” avrebbe esibito alle parti offese una pistola arrivando persino ad inviare anche due proiettili calibro 7,65. C’è poi anche una richiesta estorsiva indirizzata a Quintana: una somma di denaro per poter acquistare un furgone adibito al trasporto di prodotti ittici. Il monitoraggio dell’utenza telefonica intestata a Marco Barba ha inoltre permesso di accertare il potenziale bellico a sua disposizione. Come riscontri all’attività tecnica, infatti, i carabinieri della Compagnia di Gallipoli, nel corso di due perquisizioni a fine settembre, ritrovarono due pistole con proiettili compatibili con il calibro inviato alle vittime; 8 ordigni esplosivi artigianali di varie forme.
La spregiudicatezza di “Tannatu” sarebbe emersa da un altro episodio. Barba, infatti, confinato agli arresti domiciliari, avrebbe incendiato un’autovettura parcheggiata nei pressi della propria abitazione. Da qui l’aggravamento della misura cautelare con il carcere. L’ex collaboratore ha sempre negato ogni addebito. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia depositò un memoriale scritto di suo pugno in cui controbatteva a tutte le accuse. Barba è sempre detenuto nel carcere di Taranto dopo aver trascorso un periodo in ospedale per alcuni problemi di salute che, secondo una perizia, dovrebbero essere curati con una detenzione domiciliare. Sulla spalla già appesantita dai tanti guai giudiziaria fra una settimana potrebbe aggiungersi un’altra condanna quando il gup Carlo Cazzella sarà chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di condanna all’ergastolo invocata dalla Procura per l’omicidio del cittadino marocchino Khalid Lagraidi che, secondo quanto dichiarato dallo stesso Barba tramite i propri familiari, non sarebbe rinconducibile a vicende di droga ma ad una vendetta per motivi passionali.