PUGLIA – “Il principale responsabile del consumo di suolo nella nostra Regione è la scarsa applicazione degli strumenti di pianificazione”. Lo dichiara il capogruppo del M5S Cristian Casili dopo la pubblicazione del rapporto Ispra sui dati relativi al consumo di suolo in Italia nel 2018, da cui emerge che la Puglia ogni anno perde oltre 400 ettari di territorio.
“Si tratta di una problematica serissima per una regione come la nostra – continua il pentastellato – che dovrebbe puntare alla tutela e valorizzazione del suo paesaggio per costruire ricchezza durevole. Invece sentiamo tante belle parole, ma pochi fatti, basti pensare che su 258 comuni pugliesi solo 34 hanno un Pug, che peraltro molto spesso si rivela peggiore dei vecchi Prg. Una lentezza nella pianificazione che rende obsoleti gli stessi strumenti urbanistici che quasi mai rispondono alle reali esigenze sociali, economiche ed ambientali come per l’appunto il consumo di suolo.
Abbiamo un PPTR, che è il nostro piano paesaggistico regionale, considerato da tutti i migliori urbanisti e pianificatori nazionali come uno strumento dalla grande valenza programmatica e che, se venisse applicato, risolverebbe i problemi legati al cattivo sfruttamento delle nostre risorse senza per questo impedire di fare gli interventi dove effettivamente servono. Invece si lascia il tutto alla discrezionalità delle singole amministrazioni e della politica, basti pensare alle lottizzazioni ed espansioni fuori da ogni logica e buon senso. Pensiamo a quanto sta avvenendo con i piani coste comunali, i Comuni che li hanno approvati ed adottati si contano su due mani, e ciò non fa altro che creare confusione, poca certezza negli investimenti e soprattutto un disordinato e pericoloso sfruttamento delle nostre coste che ogni anno per erosione e impatto antropico perdono tratti di litorale che diventano pericolosi ed inaccessibili.
Il Salento – incalza il pentastellato – in tutto ciò è purtroppo protagonista in negativo, con la provincia di Lecce che rispetto al resto della Puglia ha il maggiore sprawl urbano, cioè la maggiore dispersione dell’abitato. In poche parole si è costruito tanto ma soprattutto male, con intere zone periferiche che oggi scontano la mancanza di servizi primari come acqua e fogna e tutto ciò con la compiacenza delle singole amministrazioni comunali che hanno però incassato gli oneri di urbanizzazione. Per invertire la rotta occorre che Regione e Comuni applichino gli strumenti di pianificazione già a disposizione, senza ulteriori leggi che servono solo a fare carte e ulteriore burocrazia, spingendo a un piano di riqualificazione del costruito e incentivando gli interventi di recupero dell’edificato. Non servono ulteriori leggi per contrastare il consumo di suolo, serve il buon senso – conclude – quello che tutti abbiamo smarrito da tempo”.