di F.Oli.
MELISSANO (Lecce) – Un turpe delitto maturato all’interno di un’organizzazione che avrebbe attuato le dinamiche violente tipiche della criminalità organizzata ancora ben radicate nonostante si sperava fossero ormai superate. Il gip Carlo Cazzella affonda il coltello come una lama nell’ordinanza con cui non convalida il fermo ma applica la custodia cautelare in carcere per i dieci indagati (tra cui i presunti assassini di Francesco Fasano) coinvolti in un’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti sulla piazza di Melissano. Il gip non ha dubbi: il gruppo avrebbe agito con una struttura ben organizzata, gerarchica e che, dopo la spaccatura, ha attuato azioni violente e sanguinarie. Modalità che, nel recente passato, le organizzazioni salentine hanno sempre accantonato per gestire gli affari illeciti sotto traccia e non destare le attenzioni degli investigatori e degli inquirenti. Più importante, si sa, è il denaro, una benzina che fa girare il motore della criminalità organizzata ma quegli ingranaggi lavorano meglio quando a farli scorrere sono il sangue e il piombo puntualmente arrivato con l’omicidio di Francesco Fasano.
E che il sodalizio smerciasse droga (eroina e cocaina) con una struttura verticistica è estremamente chiaro quando in un’intercettazione raccolta dagli investigatori Luca Piscopiello informa Luca Rimo dell’incarico direttivo assunto da Maikol Manni (lo devono rispettare issu…sta prendendo il posto…sempre a 65 ha fatto…) riferendosi ovviamente al prezzo della droga. In base all’importo poi Piscopiello discuteva dei prezzi proprio con Maikol Manni (250 euro alla settimana…a quello di fronte casa a quanto la stai facendo?…a 60…a 65…vedi se gli togli qualcosa…). I due affrontavano anche il problema della qualità della droga (“mi ha detto che questa la vecchia è, non la nuova…quella dell’altra gente è diversa…” “mo…mo che ne danno anche di un altro tipo…”, “non so non l’ho provata ancora a me interessa servire una persona”. Mentre lo stesso Manni si fregiava di essere stato designato nel ruolo apicale (sono contento che mi hanno scelto pe cchiu cristiano).
Dopo la spaccatura all’interno del gruppo, però, c’era chi (come Bevilacqua) predicava prudenza, invitava a evitare di parlarne troppo apertamente per scongiurare condanne a pene elevatissime (queste sono cose Luciano, che si devono fare con calma…se forse parlate di meno tutti meglio è…quando si entra dentro venti anni sono…). Ormai, però, la frattura era diventata insanabile e il 13 luglio Piscopiello dialogando con Antonio Librando manifestava grande preoccupazione per il precipitare degli eventi (io sto puzzando di morto e non so perché). I due, inoltre, convenivano che non vi fosse possibilità di trovare una soluzione in quanto i Manni (i barbetta) non si sarebbero presentati ad un eventuale appuntamento chiarificatore comprendendo come da un momento all’altro i rapporti sempre più sottili tra le due frange sarebbero stati spezzati con il sangue e il piombo. Come puntualmente accaduto con l’omicidio di Fasano.
Ecco perché per il gip sussistono i gravi indizi di colpevolezza a carico di tutti gli indagati in merito alla partecipazione ad un sodalizio dedito al traffico di sostanze stupefacenti sulla piazza di Melissano come è agevole desumere dai discorsi sul prezzo e sulla qualità della sostanza stupefacente e sui contrasti insorti fra due fazioni in ordine alle gerarchie interne soprattutto a seguito della rapida escalation di Daniele Manni, “personaggio violento, autoritario e senza scrupoli che poteva contare sul sostegno del padre Luciano e del fratello Maikol”. Sussiste, sempre a parere del gip, poi il pericolo di reiterazione del reato da parte di tutti gli indagati tenuto conto “della disponibilità di armi, dell’indole aggressiva, violenta e priva di scrupoli e della notevole caratura criminale tanto che potrebbero rendersi protagonisti di nuovi fatti di sangue essendo ormai esplosa la guerra all’interno dello stesso gruppo”.