di Julia Pastore
TUGLIE (LECCE) – “Io non mi arrabbio, non sono bravo a esprimere l’ira: é uno dei problemi che ho. Interiorizzo. E così mi allevo un tumore” diceva Woody Allen, nel suo film “Manhattan”. Sì, perché non dare voce alla propria rabbia non porta a nulla di buono.
Ci si arrabbia quando si prova frustrazione perché le cose non vanno come ci si immaginava, quando non ci sentiamo capiti o ascoltati, quando riceviamo un‘offesa, un rifiuto o una vessazione fisica o verbale, oppure difronte ad un’attesa prolungata (ciò è tipico degli amanti, delle persone che hanno vissuto una relazione nell’ombra).
Ed è proprio sulla rabbia che si è affrontato un profondo percorso esperienziale, domenica scorsa a Tuglie, presso il centro “Piano B”, organizzato dalla titolare, Lara Cuppone (istruttrice di corsi di ginnastica posturale, matwork e gravity pilates) e condotto dalla psicologa Laura Fracella.
Dalla sinergia tra le due coach, che si occupano rispettivamente di corpo e mente, è nata un’occasione irripetibile per una ventina di persone, tutte sconosciute fra loro: quella di potersi confrontare con la propria rabbia e di poter imparare a dominarla, senza debellarla.
A seconda dei casi, essa è o molto espressa o molto repressa ed in effetti è emerso che placare questa emozione (definita “emozione primaria”, insieme alla tristezza, alla gioia e alla paura) è controproducente. Questo perché le emozioni non arrivano mai per caso: <<non è perché siamo pazzi, che all’improvviso ci arriva un attacco di panico o una crisi di nervi. La rabbia é un evidente segnale che ci fa capire che dobbiamo iniziare a cambiare qualcosa della nostra vita. Dire: “Io sono superiore, non mi abbasso al suo livello, non mi arrabbio” non sempre è corretto. Infatti è fondamentale decodificare la propria rabbia, la quale non ha a che fare con un ragionamento, con la testa, ma con la pancia, che è la sede di tutte le emozioni>>, ha affermato la dottoressa Fracella. Erroneamente viene considerata come un’emozione negativa, ma in realtà la rabbia é positiva (la cosiddetta “rabbia funzionale”, quell’ “ora basta!” che equivale a dire: “da oggi mi rispetto, non puoi più prenderti gioco di me”), poiché, essendo legata ad una minaccia, ci mette in azione o in allerta: ci apre al nuovo e ci permette di agire, a differenza della paura, che invece ci porta a chiuderci.
Quando proviamo rabbia, ognuno di noi si chiede: “forse qualcosa di me sta andando storto?!” e si predispone così all’attacco. Se osserviamo il linguaggio del corpo e tutto ciò che attiene alla comunicazione non verbale, possiamo agilmente distinguere l’ansia dalla rabbia: la prima vien fuori facilmente, mentre la seconda può essere nascosta, spesso la si cova lentamente, fino a quando non esplode come un vulcano (il corpo farà allora dei movimenti improvvisi e repentini) e la collera sarà irrimediabilmente, direttamente proporzionale a quanto la persona ha interiorizzato nel tempo.
La prova del nove é data dal fatto che, come una pentola a pressione, le persone più calme sono le più pericolose.
La rabbia diventa “disfunzionale” (quindi negativa) quando la autodirezioniamo, cioè quando si ritorce contro noi stessi, il più delle volte a causa del fatto che non ci si può arrabbiare col destinatario reale. Essa, dietro l’aspettativa silente di essere capiti, “d’un tratto” genera comportamenti drastici, come l’interruzione di relazioni facenti parte della propria cerchia familiare o sociale. La rabbia é dannosa quando si rimugina tanto e ci si vuole vendicare. È proprio questo il discrimine fra la rabbia sana e quella negativa: d’altronde il termine “perdono” deriva dal latino “dono per”… Al contrario, <<rimuginare è una struttura di pensiero molto dannosa, che porta nel tempo ad essere ossessivi: più ci pensiamo e più alimentiamo il nostro inconscio e la nostra sete di vendetta. Ecco perché farmaci come i più comuni gastroprotettori e antiacidi sono stravenduti. Bisognerebbe invece dare voce alla propria rabbia e non sedimentarla>>, ha concluso la psicologa.
Una volta ascoltati i consigli della dottoressa, i pochi fortunati ad aver preso parte a questa seduta sono stati sottoposti ad un lavoro di gruppo, il cui esito è stato molto potente: dopo aver rievocato la rabbia sulle note del famoso brano dei Led Zeppelin, “Immigrant Song”, e dopo essere stati coccolati dalla canzone di Brunori Sas, “Arrivederci tristezza”, la lacrima di una persona ha attivato via, via la lacrima di altre quattro, cinque persone. Ciò è emblematico di quanto fondamentali siano il dialogo quotidiano, il farsi aiutare e il non reprimere le emozioni, le quali arrivano sempre per un motivo ben preciso.
La personal trainer di “Piano B”, Lara Cuppone, si é detta molto soddisfatta del laboratorio esperienziale: <<Io lavoro ogni giorno sul corpo, tramite le mie lezioni di pilates, posturale, yoga, ma conduco anche un approccio mentale, emotivo, perché, quando si lavora con il corpo, vengono fuori spontaneamente delle situazioni che sono lo specchio di qualcos’altro, che è legato alla gestione delle emozioni. Il corpo non riesce a nascondere la propria rabbia: c’è chi diventa rosso in volto, chi sbianca, chi ritrae le mani a pugno, chi ha il respiro affannato. Io lavoro molto sulla respirazione e sul diaframma, insegno a gestire la propria voce, per far acquisire sicurezza>>.
E per sviluppare le tecniche delle sue discipline, la personal trainer utilizza un macchinario “ad hoc”, ovvero la GTS (“Gravity Training System”), mentre la dottoressa Laura Fracella esercita la propria attività professionale a Gallipoli e Lecce, occupandosi principalmente dei disturbi d’ansia, della terapia familiare e di coppia e affrontando gruppi di “training” che aiutano a prendere consapevolezza delle proprie emozioni.
Dunque, se il credo cristiano riconduce l’ira fra i sette vizi capitali, la psicologia invece ci invita a sfogarci, perché dalla rabbia funzionale possono sorgere grandi cambiamenti e nuove energie.