di Francesco Oliva
SALENTO (Lecce) – Le asportano l’intero apparato genitale per un tumore che, in realtà, non aveva. C’è un’indagine sul caso in cui è rimasta vittima una 56enne residente in un comune del circondario di Lecce. Per consentire di avviare i dovuti accertamenti nella giornata di ieri l’avvocato Cosimo Miccoli ha depositato in Procura una dettagliata denuncia-querela. La vicenda, qualora venisse confermata, costituirebbe un susseguirsi di presunte omissioni e negligenze che hanno prodotto un grave danno alla signora sposata e con figli.
Dopo l’intervento, infatti, accusa criticità che influenzano ogni sfera della personalità: da quella emotiva a quella sessuale a quella relazionale per via di un’età ancora relativamente giovane. Con danni di riflesso al marito e ai più stretti congiunti della vittima. Ma cosa viene riportato nella denuncia-querela con cui si ripercorrono le tappe odissea? Ad ottobre dello scorso anno la signora si sottopone ad una visita di routine in uno studio ginecologico di Lecce. La dottoressa le consiglia un’isteroscopia diagnostica/operativa che la 56enne decide di effettuare. Si rivolge così ad una clinica (suggeritale dalla stessa ginecologa) dove si sottopone all’accertamento prescritto. Un esame molto complesso effettuato a novembre in anestesia totale finalizzato a prelevare parti di tessuto dell’apparato genitale per poter essere poi analizzate. La signora viene anche rassicurata subito dopo l’intervento. A distanza di giorni ritorna in clinica. Sulla base dei referti dei vetrini la diagnosi è atroce: una iperplasia con circoscritto focolaio di atipia.
Non c’è tempo da perdere. La signora si reca il 28 dicembre presso l’ospedale “Vito Fazzi” dove, sulla base del referto, viene messa in lista d’attesa. Il 21 gennaio finisce sotto i ferri per l’asportazione totale dell’apparato genitale. Un intervento, secondo quanto denunciato, senza che l’equipe medica ripetesse l’accertamento effettuato tempo prima nella clinica. Solo nelle more dell’operazione la paziente sarebbe stata sottoposta ad un esame istologico (dello stesso tipo) sulla parte asportata. Che dà un esito completamente differente: la donna non ha alcun tumore. Su consiglio del dottore del “Vito Fazzi” la signora si reca nella clinica in cui le era stata diagnosticata la iperplasia per chiedere i vetrini e analizzarli nel laboratorio dell’ospedale di Lecce. Che conferma gli esiti dell’esame effettuato nelle more dell’intervento: la signora non ha alcuna forma di tumore. Si sarebbe così sottoposta ad intervento inutile quindi? E per una presunta catena di errori/orrori si ritrova senza apparato genitale con tutte le conseguenze del caso?
Per fare chiarezza è stata depositata una denuncia-querela in cui viene segnalato il laboratorio che ha refertato erroneamente il tumore e allegata la perizia effettuata nelle more dell’operazione. Non solo. La signora chiede all’autorità giudiziaria di accertare perché l’equipe del “Fazzi” non ha inteso ripetere l’esame che avrebbe escluso una forma tumorale evitando così di finire sotto i ferri per un intervento così invasivo. Nella denuncia si adombra anche un inquietante scenario: si è trattato di un’erronea lettura dell’esame o chi ha effettuato l’esame nel laboratorio ha commesso uno scambio di persona e magari un’altra signora ancora non sa di avere un tumore?
Saranno ora gli accertamenti della Magistratura a sbrogliare questo intricato caso in cui sarebbe stata compiuta una catena di errori sulla pelle di una signora di 56 anni che ha subìto un intervento demolitivo ingiustificato con una degenza di sei/sette giorni. E con una serie di danni che si trascinerà a lungo.