RACALE (Lecce) – Ville, terreni, appartamenti, conti correnti, quote aziendali, persino un albergo. Sono i beni confiscate ai fratelli De Lorenzis per un valore di alcuni milioni di euro. È quanto disposto dai giudici della seconda sezione penale di Lecce al termine di una lunga camera di consiglio che hanno dovuto accertare la natura del patrimonio dei quattro fratelli imprenditori di Racale e i loro presunti legami con la criminalità organizzata.
I giudici (Presidente Fabrizio Malagnino, giudice Marcello Rizzo, relatrice Bianca Maria Todaro) hanno disposto la sorveglianza speciale nel comune di residenza per due anni per Pietro De Lorenzis, 54 anni e Salvatore De Lorenzis, 52 anni. I sigilli sono stati apposti anche a quote societarie, fabbricati e conti correnti di Saverio De Lorenzis, 44 anni e della moglie Erica Parlati. Non sono state accolte le richieste di misure di prevenzione avanzate dalla Procura per lo stesso Saverio De Lorenzis, Pasquale De Lorenzis, 47 anni, così come Pompeo Rosario Caputo, 57 anni, di Melisano. Nell’ordinanza di 180 pagine viene affrontato il contesto in cui è maturato il provvedimento. Che è quello dell’attività imprenditoriale – in particolare scommesse con slot machine secondo l’accusa truccate – messa in piedi dai De Lorenzis ritenuti vicini agli ambienti della criminalità. Tanto che per le misure di prevenzione per Pietro e Salvatore parlando del primo nell’ordinanza si legge: “Appare evidente la costante sottoposizione del considerevole potere economico di cui può disporre al servizio dell’associazione criminale di stampo mafioso ormai nota come Sacra Corona Unita, nelle sue diverse articolazioni presenti sul territorio italiano mediante l’elargizione di regalie, la concessione di finanziamenti a fondo perduto, l’assunzione delle spese necessarie ai sodali nonché la disponibilità ad affiancare iniziative imprenditoriali dei partecipi al clan”.
Stesso spartito per il fratello Salvatore “con cui condivide una comunanza di interessi commerciale”. Nell’ordinanza, poi, viene sottolienata l’elevata pericolosità dei due fratelli nonché “l’affermazione di persistente attualità del vincolo”. Alla base della confisca, secondo i giudici, ci sarebbe la sperequazione dei redditi dichiarati e lo stile di vita condotto nonché gli investimenti fatti nel corso degli anni. Nell’ordinanza si legge che una sproporzione è accertata per tutti gli imputati sebbene solo per Pietro, Salvatore, Saverio e la moglie di quest’ultimo sia di entità tale da giustificare la confisca. Nei confronti degli altri, invece, il Tribunale ha disposto il dissequestro di tutti i beni in cui in precedenza erano stati apposti i sigilli.
Nello specifico a Pietro De Lorenzis sono stati confiscati quattro terreni a Gallipoli, un fabbricato sempre a Galllipoli, oltre a una fetta di un fabbricato a Racale; parti di dieci edifici (uno dei quali ancora in corso di realizzazione a Racale) sono stati invece sottratti a Salvatore De Lorenzis, così come due fabbricati a Gallipoli intestati a una donna. Il provvedimento ha riguardato anche Saverio De Lorenzis e la moglie Erica Parlati. Confisca per le quote societarie della ditta Akira srl, l’intero compendio della stessa società, 13 fabbricati tra Taviano, Mancavera, Torre Suda, Racale e Torre San Gionvanni; le quote societarie della società Atman Scommesse ed M.Slot nella misura rispettivamente del 50 e del 40%; tre conti correnti e tre depositi attivi presso altrettante banche.
I legali degli imputati hanno cercato di confutare la tesi della Procura puntando sull’insussistenza dei presupporti per procedere alla confisca dei beni e sull’infondatezza dell’accusa dal punto di vista del pericolo sociale che per quello finanziario. Nel caso di Pietro e Salvatore De Lorenzis, difesi dall’avvocato Ladislao Massari, la difesa ha contestato l’appartenenza ad un’associazione di stampo mafioso. Nello specifico pur ammettendo “l’emersione di una sorta di necessità di sponsorizzazione in un contesto di infiltrazione mafiosa” l’avvocato ha rimarcato “la veste meramente passiva da essi rivestita e ha posto l’accento “sull’assenza di adeguata sproporzione tra il patrimonio e le risorse economiche di Pietro e Salvatore”.
Dello stesso tenore le argomentazioni sostenute dagli avvocati Gabriella Mastrolia e Francesco Fasano per conto di Pasquale e Saverio De Lorenzis e la moglie di quest’ultimo. Hanno rimarcato come i loro assititi non abbiano mai avuto “alcun rapporto neppure di vicinanza, di amicizia o frequentazione con soggetti assritamente mafiosi” e “di aver creato un monopolio per la gestione delle slot machines”. Anche perché sul mercato sarebbe stata acclarata la presenza di altri operatori del settore negli esercizi commerciali della zona.
Per conto di Saverio De Lorenzis, l’avvocato ha contestato la validità delle dichiarazioni dei diversi collaboratori piuttosto datate nel tempo e perché “non supportate da altri elementi di riscontro”. Anche gli altri legali (collegio completato dagli avvocati Francesco Paolo Sisto, Anna Grazia Maraschio, Angelo Loizzi e Luigi Covella) hanno cercato di smontare le accuse nei confronti degli imputati. Di certo la battaglia non finisce qui. Sia le difese che la Procura ricorreranno in Appello per vedere riconosciute le loro argomentazioni.