La risonanza magnetica non è uno strumento diagnostico per studiare qualsiasi distretto corporeo, né può essere considerata efficiente sotto a una certa potenza. Nel Centro Calabrese di Cavallino si è tenuto un convegno per fare chiarezza sulle grandi opportunità diagnostiche della Risonanza Magnetica , ma anche sulle criticità. È stato ribadito il concetto della necessità di lavorare con macchine performanti e del rapporto virtuoso tra medico di base e radiologo. “Conversazioni di risonanza magnetica tra mito e realtà” ha chiarito gli aspetti tecnici e applicativi della risonanza magnetica a seconda del distretto corporeo da esaminare, ma anche quelli legali. Il presupposto fondamentale da cui partire è che le risonanze magnetiche non sono tutte uguali. I giudici amministrativi hanno ribadito la differenza diagnostica e legale tra “grandi macchine” (le uniche con la potenza adeguata a fare una diagnosi puntuale) e strumenti di bassa potenza (meno di 0,5 tesla).
La potenza fa la differenza: è abbastanza chiaro che le macchine da 1 a 3 Tesla di potenza sono in grado di individuare particolari e lesioni che quelle meno potenti non riescono a individuare.
Però, nonostante i passi in avanti della tecnologia, la “grande macchina” non basta: è ancora centrale la figura del radiologo, che è pur sempre un medico specializzato in scienza dell’immagine, cioè nella diagnostica, come spiega la dottoressa Maria Luisa Calabrese, responsabile del Centro Radiologico Calabrese, che oggi è diventato un punto di riferimento per il territorio salentino, grazie alle nuove tecnologie e alle professionalità che riescono a fare la differenza. L’occhio e l’esperienza sono fondamentali.
Il titolo del Convegno richiama un vecchio libro “Conversazioni sui raggi X”, del Professor Umberto Nuvoli, maestro del nonno Ruggiero Calabrese, primo radiologo della famiglia. Il nipote Ruggiero Calabrese ripercorre le grandi tappe che hanno fatto progredire la diagnostica per le immagini. La risonanza magnetica è una scoperta della modernità: la sperimentazione parte nel 1947. Negli anni ‘50 nasce lo spettroscopio e dopo molti anni arriva la risonanza magnetica. Oggi si possono ottenere immagini straordinarie, nitide e precisissime di qualsiasi parte del corpo come dimostrato dalle comunicazioni della Dott.ssa Adriana Paladini del Dott. Tommaso Condò e del Dott. Michele Corrado. La tecnologia ha fatto passi da gigante. Il principio di funzionamento si basa nel sottoporre il paziente ad un forte campo magnetico statico. L’intensità del campo magnetico varia fino sino tre tesla (anche se il dottore Calabrese ci spiega che esistono all’estero macchine che raggiungono i 7 tesla): quello che è necessario sapere è che utilizzando una macchina sotto 0,5 tesla per determinate zone del corpo non stiamo facendo un esame adeguato.
Uno dei temi più attuali è quello della prescrizione non adatta: non si deve sempre ricorrere alla risonanza magnetica, che in determinati casi è assolutamente inutile per la diagnosi. Le macchine a basso campo possono essere utilizzate per gli studi articolari. Esistono ‘macchine dedicate’ in grado di esaminare solo alcuni distretti corporei: si tratta di macchine da 0,3 tesla, che possono studiare ginocchio e spalla, ma che non possono essere utilizzate su altri distretti corporei, perché non vedrebbero problemi che con macchine più potenti verrebbero a galla subito, come spiega il dottore Ruggiero Calabrese, titolare del centro.
Il paziente dev’essere rispettato offrendo competenza e tecnologia adeguata. Un rapporto virtuoso tra pubblico e privato sarà in grado di eliminare le liste d’attesa. Inutile intasare gli ospedali, che servono per le emergenze, le strutture territoriali devono essere messe in condizione di rispondere a tutte le esigenze diagnostiche e a quelle del pazienti cronici. Inoltre, la sanità sarà più efficiente quando tutti i medici di base impareranno a dialogare con gli specialisti prima di produrre una prescrizione.