LECCE – Bobo Craxi viene spesso nel Salento a incontrare i vecchi amici come l’ex deputato Biagio Marzo o il giornalista ed ex militante socialista Giuseppe Vernaleone (oggi direttore di Telerama): il film sul leader socialista morto in esilio è una delle occasioni per tornare a parlare di ferite che bruciano ancora. La sala centrale del cinema Massimo è piena di gente accorsa per seguire la conferenza (con proiezione del film sul leader del PSI annessa) con Bobo Craxi come ospite d’onore (ci sono anche il vicesindaco Delli Noci e il presidente della Provincia Minerva).
Vox populi, associazione di studenti salentini che ha voluto approfondire le radici della crisi politica che ha travolto l’Italia, ha organizzato un incontro prima della proiezione del film “Hammamet”. Craxi è una figura chiave della politica italiana. C’è il Craxi politico, quello statista, il padre e l’uomo con la sua sofferenza lontano dalla patria. Il film di Gianni Amelio è un ritratto intimista degli ultimi anni di una figura controversa che ha segnato la storia politica del paese: Craxi è il capro espiatorio di un intero sistema che lascia nelle mani della magistratura la soluzione di un problema che era soprattutto politico (il finanziamento ai partiti al tempo della guerra fredda).
L’amnistia dell’ ‘89 aveva salvato i pezzi grossi di ogni partito: per molti sarebbe bastata la depenalizzazione e una legge che rimettesse le cose in ordine. Il provvedimento era pronto, ma buona parte della classe politica non se la sentì di intervenire mentre il paese lanciava monetine urlando “ladri” a tutti gli ammanettati, colpevoli o innocenti che fossero. “A molti conveniva fare fuori mio padre” – spiega Bobo Craxi. Si celebrò il processo a un’intera classe politica e, soprattutto, ai partiti tradizionali, ma sul banco degli imputati ci finirono solo alcuni dei protagonisti del finanziamento illecito. Bobo Craxi lo ammette nell’intervista che potrete ascoltare cliccando sull’immagine: “C’era chi prendeva i finanziamenti dall’America, chi li prendeva dalla Russia e poi c’erano i socialisti, che hanno dovuto arrangiarsi”. Per il figlio di Bettino la storia del “bottino”, che cita Travaglio non è imputabile a suo padre.
È vero che qualche soldo “rimaneva attaccato alle dita” di alcuni dirigenti di partito (giusto per citare il film), ma quel tipo di finanziamento era fisiologico, all’interno di una guerra che si combatteva sotto banco. Come affermò Giovanni Pellegrino parlando di Tangentopoli, la politica avrebbe dovuto risolvere il problema subito dopo il crollo del Muro di Berlino. Il sistema dei finanziamenti ai partiti era fuori controllo. Ma cosa è successo dopo? L’Italia è stata svenduta dalle seconde e terze file, da una politica che ha privatizzato per quattro lire i gioielli di famiglia e ha accettato parametri europei che hanno strozzato il paese.
Gli statisti come Craxi lo avrebbero permesso? Negli anni ‘80 i partiti erano forti e vigeva ancora il primato della politica: poi c’è stato il dominio della finanza e il risultato è stato il tracollo. L’Italia era la quinta potenza industriale e il debito pubblico era garantito da un Pil alto e un’occupazione buona. Pubblico e privato erano in buona salute, con tutte le anomalie che erano comunque da correggere. “Lo Stato italiano è stato condannato per come venivano condotti i processi, durante Mani Pulite, con l’abuso del carcere preventivo” – ricorda il figlio dell’ex leader del PSI. Nemmeno Di Pietro è contento di quello che è avvenuto dopo: la corruzione non fu eradicata, dopo fu peggio.
Crollati i partiti storici sono aumentati corruzione, populismo becero, “furbetti del quartierino“ e affaristi della politica molto peggiori di quelli della cosiddetta prima Repubblica. L’Italia ha perso colpi, è isolata a livello internazionale ed è molto meno autorevole dei tempi di Bettino Craxi. I nuovi partiti che promettevano rivoluzioni sono inciampati anche loro nelle tentazioni dei finanziamenti pubblici (investiti in immobili o in gioielli africani). Ecco perché oggi la figura del leader socialista, con il suo sguardo progressista e la sua autorevolezza nei confronti degli Stati stranieri viene rivista, rivalutata e riscritta.