TAVIANO/RACALE (Lecce) – Scena muta davanti al gip nell’interrogatorio di garanzia nel carcere di Lecce. A.S., il 69enne di Taviano, accusato di aver abusato negli ultimi due anni di almeno 17 ragazzini tra gli 11 e i 14 anni e di un maggiorenne, si è avvalso della facoltà di non rispondere nel faccia a faccia con il giudice per le indagini preliminari Giulia Proto. Nessun cenno per difendersi dalle accuse di violenza sessuale continuata e ripetuta ai danni di minorenni e di continuata realizzazione di materiale pedopornografico contenute nell’ordinanza sulla scorta delle indagini condotte dai carabinieri del Reparto Operativo di Lecce coordinati dal pubblico ministero Stefania Mininni. Neppure spontanee dichiarazioni. Una scelta consentita dal codice di procedura penale in attesa che l’avvocato dell’uomo, il legale Carlo Portaccio, prenda visione di tutto il materiale probatorio a corredo dell’ordinanza. E solo dopo aver spulciato il carteggio la difesa valuterà se sia opportuno ricorrere al Tribunale del Riesame.
L’anziano, da tempo, aveva instaurato uno strano rapporto con alcuni ragazzini del posto. A volte li attendeva nelle vicinanze della scuola media; a volte li invitava a giocare a carte, mangiare pizze o fumare nella sua casa di campagna; in altre li seguiva in bici. A scoprire cosa accadeva in quell’immobile è stato il padre di un 12enne. Ha seguito il figlio nel casolare sorprendendo l’anziano mentre baciava sulla bocca un altro ragazzino. Colto con le mani nel sacco il 69enne si è giustificato dicendo che gli stava insegnando come si fa con le ragazze. Un pretesto adottato anche con altri minori per adescarli: palpeggiamenti, rapporti a volte orali, in altri completi. Per i giovanissimi non è stato facile svelare quel mondo in apparenza normale. Inizialmente ascoltati dal pm, supportati da una psicologa, hanno avuto difficoltà a riferire i fatti. Poi si sono liberati di paure e timori confessando di essere costretti ad assecondare le perversioni dell’anziano. La conferma è arrivata anche dalle chat dei ragazzini dove l’anziano veniva indicato con l’appellativo di “Nonnu”.
Quel “nonnnu”, nomignolo apparentemente amichevole, in realtà nasconde un’identità misteriosa e una figura indecifrabile. Perché A.S. è stato condannato per tentata estorsione nell’inchiesta sulla scomparsa di Mauro Romano, il bimbo di 6 anni di Racale rapito e svanito nel nulla il 21 giugno del 1977. E gli abusi denunciati in questi mesi su alcuni bambini ora affiorano in tutta la loro drammaticità rileggendo fascicoli ingialliti ma che tornano di stringente attualità a distanza di anni. I genitori di Mauro, la madre Bianca Colaianni e il padre Natale Romano, hanno chiesto che l’inchiesta sulla scomparsa del figlio venga riaperta alla luce dell’arresto di A.S.
Con sette telefonate all’epoca l’allora 25enne chiedeva 30 milioni ai due genitori per rivedere il figlio e di fare anche presto perché altrimenti lo avrebbero ritrovato in un pozzo. Ed un pozzo, effettivamente, è stato ispezionato nel mese di dicembre alla ricerca dei resti del piccolo Mauro alla periferia di Taviano nei terreni, guarda caso, in cui sorge il casolare in cui A.S. incontrava i minori e a soli 200 metri dal centro abitato di Racale. Coincidenze? O cosa? Come riportiamo in un articolo a parte l’anziano è ora indagato per la scomparsa del piccolo e nel pomeriggio i genitori di Mauro saranno sentiti come persone informate dei fatti dal pm Stefania Mininni con la speranza di imprimere un’accelerata nella ricerca dei resti che una mamma ormai 70enne reclama, invano, da anni.