MAGLIE (Lecce) – La doppia telefonata di aiuto del fratello Andrea “sequestrato” dai rivali; l’arrivo nei pressi del fast food; la colluttazione con gli aggressori; infine il colpo di pistola esploso al termine di una rissa in cui anche l’omicida riportò delle lesioni come accertato da una consulenza disposta nel corso delle indagini. Fu comunque omicidio volontario. Senza riconoscere attenuanti come la legittima difesa e neppure l’eccesso colposo. E va condannato a 14 anni e 8 mesi di reclusione. Sono queste le conclusioni, a fine requisitoria, del pubblico ministero Maria Consolata Moschettini a carico di Simone Paiano, 26 anni, di Maglie, omicida reoconfesso di Mattia Capocelli, di 24 anni, ucciso la notte del 24 e 25 aprile dello scorso anno nei pressi di un fast food di Maglie con un colpo di una pistola semiautomatica calibro 6.35.
Passo dopo passo, fotogramma dopo fotogramma, l’omicidio è stato accuratamente vivisezionato nel corso dell’atto d’accusa. Così come il movente: Paiano, uscito di prigione, avrebbe voluto mettere le mani sulla grossa torta del business dello spaccio sulla piazza di Maglie e sarebbero così sorti contrasti e tensioni con altri esponenti della malavita locale. Fino al delitto. Due anni altri sono stati invocati per la detenzione della pistola con cui Paiano uccise il rivale. Una richiesta di condanna, al netto della scelta del rito abbreviato che consente uno sconto di un terzo della pena, che ha tenuto anche in considerazione l’eliminazione delle aggravanti dei motivi abietti e futili così come indicato, di recente, dal procuratore aggiunto della Dda Guglielmo Cataldi e dal sostituto Maria Consolata Moschettini consentendo così all’imputato di poter chiedere e ottenere di essere giudicato con il rito alternativo.
Le indagini, condotte dai carabinieri della sezione radiomobile della compagnia di Maglie, guidati dal tenente Gaetano Piazza, avrebbero infatti accertato come il fratello dell’assassino (parte civile contro i suoi sequestratori) fosse rimasto vittima di un’aggressione a colpi di machete e coltello nei pressi del camioncino (scenario dell’omicidio pochi minuti dopo). Solo dopo aver raccolto due telefonate con cui il fratello gli chiedeva di raggiungere il fast food Simone Paiano decise di raggiungere via Don Luigi Sturzo portando con sé la pistola. E, solo al culmine di una violenta aggressione, avrebbe aperto il fuoco ammazzando Capocelli. Una tesi che il 26enne, sempre detenuto, ha sostenuto sin dalla prima ora. Sia davanti ai carabinieri subito dopo l’arresto che nel corso dell’udienza di convalida davanti al gip Sergio Tosi. Ricostruzione confermata da una successiva perizia che accertò la compatibilità delle lesioni con colpi di machete e di coltello sul corpo dei due fratelli Paiano.
E la Procura, sempre in giornata, ha presentato il conto anche per i presunti sequestratori del fratello dell’omicida, ritenuti esponenti della criminalità magliese. Due anni e 10 mesi dieci per Salvatore Maraschio, 26 anni; Marco Cananiello, di 21 e Andrea Marsella, di 28, tutti di Maglie, accusati di sequestro di persona del fratello dell’omicida, lesioni personali con l’aggravante mafiosa. Un’assoluzione è stata richiesta per Giorgio Rausa, conosciuto come “Giorgino”, 25enne, di Scorrano, (difeso dall’avvocato Vincenzo Blandolino) che aveva scelto di essere giudicato in abbreviato condizionato dall’ascolto di due testimoni per dimostrare di non essere presente nel fast food. Ed effettivamente non sarebbero stati raccolti elementi per ritenere che l’uomo fosse presente quella sera nei pressi del fast food dalla visione delle telecamere di videosorveglianza.
Dieci mesi, infine, per Domenico Tunno, 32enne, di Maglie, accusato di favoreggiamento personale mentre sarà giudicato, sempre per lo stesso reato, con rito ordinario Pierluigi Esposito, 30 anni, di Maglie, titolare del fast food in cui si consumò l’omicidio a partire dal 3 giugno prossimo davanti al giudice monocratico Annalisa De Benedictis forte di alcune risultanze investigative emerse nel corso delle indagini che saranno calate dalla difesa nel corso dell’istruttoria. L’udienza si è celebrata in Corte d’Assise a porte chiuse nel pieno rispetto delle norme anticovid davanti al gup Marcello Rizzo. In aula si ritornerà il 9 giugno quando inizieranno le arringhe difensive degli avvocati Amilcare Tana; Dimitry Conte (legali dell’omicida); Luigi Corvaglia; Simone Viva; Mario Blandolino; Alessandra Luchina; Giuseppe Presicce; Danilo Dinoi; Roberta Cofano e Antonia Candido. Giorno in cui è prevista la sentenza. Ad attendere il verdetto anche i familiari della vittima. Si sono costituiti parte civile. I genitori, il padre Luciano Capocelli e la madre Grazia Piccinno, con l’avvocato Alberto Corvaglia, hanno invocato un risarcimento di 1 milione di euro; il fratello Armando e una nipote, con l’avvocato Arcangelo Corvaglia, 500mila euro oltre a una provvisionale di 300mila euro.