GALATINA/SOLETO (Lecce) – Una denuncia-querela contro la casa di riposo Giovanni Paolo II di Soleto per il suicidio di un ospite avvenuto l’11 luglio di un anno fa. Il fascicolo è coordinato dal sostituto procuratore Stefania Mininni e i parenti della persona deceduta, originaria di Galatina, chiedono giustizia e chiarezza anche alla luce di un precedente suicidio (richiamato nella denuncia). Per ora non è dato sapere se e quali accertamenti siano stati avviati ma i parenti dell’ospite della struttura vogliono conoscere la verità. Vogliono sapere se il proprio familiare sia stato sufficientemente assistito e seguito nel corso della sua degenza sull’onda d’urto dei propositi suicidari che aveva esternato più volte subito dopo il ricovero. E se nella struttura erano effettivamente presenti adeguati sistemi di sicurezza per scongiurare che si verificasse la tragedia.
La vittima aveva 89 anni. Ad aprile dello scorso anno dopo una caduta in casa aveva riportato una grave frattura al femore. Ricoverato e operato, ha seguito un primo periodo riabilitativo in una casa di cura di Casarano da dove è stato dimesso con un girello ascellare perché non in grado di deambulare autonomamente e con la prescrizione di sponde sul suo letto a protezione di eventuali cadute. Invalido civile al 100% con diritto all’accompagnamento per gravi patologie alle quali si era anche aggiunta una grave maculopatia, dopo un periodo trascorso in casa, i figli hanno così deciso di ricoverarlo presso la Residenza Socio Sanitaria Assistenziale Giovanni Paolo II di Soleto almeno sino a quando non si fosse ripreso fisicamente e fosse divenuto autosufficiente
Sin dall’ingresso, così come ricostruito nella denuncia querela depositata dall’avvocato Michelangelo Gorgoni, l’anziano non avrebbe accettato di buon grado il ricovero. In più occasioni avrebbe riferito ai figli che si sarebbe ucciso se lo avessero lì lasciato per più di qualche giorno. per questo era stata interpellata la dirigenza della struttura affinché ponesse un occhio di riguardo per il proprio congiunto. Controlli particolari soprattutto al di fuori degli orari di visita. Per gli operatori, però, non c’era alcun motivo per preoccuparsi perché “dicono tutti così”.
E invece l’anziano diede seguito al suo proposito suicida, facilitato (così come denunciato) dalla totale assenza di controlli soprattutto in orario serale in cui i dipendenti a stento avrebbero raggiunto le 2/3 unità al servizio dei circa 60 degenti non autosufficienti ospitati. Ed infatti poco prima delle 20 dell’11 luglio di un anno fa l’anziano, dopo aver trascorso un po’ di tempo all’interno della sala TV, avrebbe imbracciato il girello ascellare con cui riusciva a mala pena a muoversi. Molto lentamente avrebbe raggiunto il terrazzino esterno laddove lasciava il girello e si poggiava su una sedia e così passo dopo passo sorreggendosi sulla sedia l’avrebbe spinta sino a raggiungere il parapetto. A quel punto oltrepassando il parapetto si sarebbe lasciato cadere nel vuoto giù fino al piano inferiore, perdendo la vita per i gravi traumi provocati dall’impatto contro il suolo.
Al loro arrivo i familiari della vittima avrebbero rilevato che nella struttura si trovavano in servizio non più di due dipendenti salvo vederne altri 3 o 4 sopraggiungere trafelati dopo un po’ di tempo in concomitanza con l’intervento dei carabinieri di Soleto e del Nas. Per i figli dell’anziano non sembrano esserci dubbi: il decesso si dovrebbe ricondurre al fatto che lo stesso, nello stato di non autosufficienza in cui si trovava e di incapacità a provvedere ai suoi bisogni e necessità, sarebbe stato lasciato in balia di se stesso, privo di custodia e comunque dei necessari controlli per scongiurare che un uomo, evidentemente particolarmente affranto e depresso per il ricovero subito che lo aveva allontanato dalla sua abitazione e dai suoi affetti, potesse compiere gesti autolesionistici e letali quali quelli che aveva più volte minacciato di compiere e che poi, inascoltato, ha effettivamente compiuto.
L’anziano sarebbe stato abbandonato all’interno della struttura socio assistenziale, privo di controllo e custodia alcuna, così esposto al pericolo per la sua incolumità personale? Si segnalano anche carenze organizzative, tra cui l’insufficienza di personale idoneo che potesse provvedere all’assistenza tutelare ed al controllo più o meno costante degli ospiti ricoverati, specialmente di quelli che avevano manifestato particolari problemi di adattamento. E nella denuncia si evidenziano come le carenze organizzative fossero ben presenti nel recente passato. Alla luce di un precedente del 3 maggio del 2017 quando all’interno della Struttura si è verificato un suicidio di un ospite ricoverato, perfettamente sovrapponibile, a dire dei querelanti, a quello su cui ora i familiari di un anziano chiedono giustizie verità.
LA REPLICA
Come risponde la direzione della Struttura? Interpellata telefonicamente la responsabile ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Ci siamo rivolti, così, al legale della casa di riposo, l’avvocato Francesca Conte. “Abbiamo ricevuto una richiesta da parte dei familiari di questo signore, nel periodo che ha preceduto il lockdown, a cui abbiamo replicato ampiamente”, commenta la penalista leccese. “Non solo non c’è responsabilità da parte della struttura ma i familiari stessi sono perfettamente consapevoli della sicurezza della struttura peraltro d’eccellenza sotto tutti i punti di vista. Se effettivamente c’è una denuncia tutto quello che ci sarà da dire lo dimostreremo nelle sedi opportune rappresentando anche che le denunce, a volte, possono essere calunniose. Per cui mi auguro che le persone abbiano valutato che non ci sia alcuna responsabilità della struttura. Abbiamo tutti i documenti di questa vicenda e se saremo chiamati la struttura, documentalmente, dimostrerà la propria correttezza. Anche perché questa persona non ha mai evidenziato problemi di natura psichiatrica né è stato assolutamente segnalato qualche disagio. Se hanno fatto una denuncia si assumeranno le loro responsabilità. Noi, ribadisco, replicheremo nelle sedi opportune”.