SALENTO – Avrebbero maltrattato un bimbo di soli 3 anni infliggendogli punizioni umilianti quando si rifiutava di compiere rapporti sessuali: sigarette spente sul corpo o fango, escrementi e saliva cosparsi su quel corpicino innocente. I suoi aguzzini sarebbero stati il padre e lo zio, che il gup Cinzia Vergine ha condannato rispettivamente a 8 anni e a 8 anni e 4 mesi a fronte di richiesta di 10 e 9 anni avanzata dal pubblico ministero Maria Rosaria Micucci (magistrato in quota presso la Procura generale). La sentenza è stata pronunciata al termine del processo che si è celebrato con rito abbreviato (consente uno sconto di un terzo della pena). Per il padre il giudice ha anche disposto la sospensione della responsabilità genitoriale per l’intera durata della pena.
La vicenda arriva da un paese del circondario di Galatina. Il piccolo, questa la tesi contestata dalla Procura, sarebbe stato costretto a subire molestie sessuali. Una lunga galleria degli orrori iniziata nel novembre del 2015 (quando il piccolo aveva 3 anni) andata avanti fino alla fine del 2017. Interrotti solo quando il bimbo è riuscito a rivelare violenze e traumi (al momento solo presunti) alla madre. La donna, separata dal presunto padre molestatore, non ha perso tempo. Si è presentata presso la caserma dei carabinieri del paese per mettere a verbale il racconto del figlio allegando anche le registrazioni audio in cui il bimbo confessava di avere subìto molestie sessuali dallo zio. Perché nel registro degli indagati il primo nome iscritto è stato il suo. Per violenza sessuale ma anche per pornografia minorile. I carabinieri, infatti, acquisita la denuncia, raggiunsero casa dell’uomo sequestrando il telefonino in cui erano state conservate quattro foto del nipote nudo.
L’orrore, però, sarebbe stato rappresentato da altro. Di molto più grave. Perché gli atti sessuali sarebbero stati compiuti anche dal padre. Il bimbo ha parlato delle attenzioni che il genitore gli avrebbe riservato nel corso dell’incidente probatorio in cui era chiamato a riferire degli abusi che avrebbe subìto per mano dello zio. Gli abusi avvenivano, stando alla ricostruzione di investigatori e inquirenti, nei giorni in cui il bambino veniva affidato al padre. E si consumavano sia all’interno della casa dei nonni paterni che in un casolare di campagna di loro proprietà poco distante dall’abitazione.
Padre e zio avrebbero costretto il piccolo a consumare rapporti orali. E quando si opponeva veniva picchiato o sculacciato. In altre circostanze, secondo la ricostruzione del pm, i due familiari lo pizzicavano, gli spalmavano sul corpo fango, escrementi, saliva. Altre volte gli spegnevano le sigarette sul corpo. Da qui le accuse per i due familiari di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale aggravata e continuata.
Questo racconta l’inchiesta che si è avvalsa degli esiti di due incidenti probatori per cristallizzare le accuse in considerazione dell’età della vittima. Ci fu una prima fase della perizia in cui il gip Alcide Maritati chiese al ctu, la psicologa Sara Scrimieri, (affiancata dalle colleghe Addolorata Panizza per la madre della persona offesa e Michela Francia per la controparte) di accertare se il bambino si potesse ritenere attendibile e se potesse testimoniare. Nella seconda fase, invece, il giudice dispose di valutare le accuse mosse dal piccolo allo zio. In quella sede, a novembre, il piccolo riferì di attenzioni particolari che gli avrebbe riservato anche il padre. Il pm mise nero su bianco nel registro degli indagati il nome del genitore per chiedere un secondo incidente probatorio affinché le dichiarazioni del bambino fossero utilizzate anche contro il genitore. Ed è emersa una galleria di orrori.
Nel frattempo il bimbo e la madre (assistita dall’avvocato Roberto Tarantino verrà risarcita in separata sede così come stabilito in sentenza) si sono trasferiti. Hanno lasciato il Salento per raggiungere una località del Nord Italia. Anche per questo non è stata chiesta una misura cautelare a carico dei due uomini. Peraltro gli inquirenti hanno verificato che nessuno dei due abbia avuto alcun tipo di legale con minori. In più sulla mancata richiesta di una misura cautelare hanno inficiato le sole dichiarazioni del bimbo come elementi a sostegno della pubblica accusa. Una cautela in più in un’indagine già estremamente delicata su cui pesano anche le argomentazioni difensive sostenute dagli avvocati Francesco Spagnolo (per lo zio) e Francesco Calabro (per il padre) che hanno sottolineato una serie di incongruenze nelle indagini inficiate, a loro dire, dalla genuinità dell’incidente probatorio. Per intraprendere la strada dell’appello, bisognerà attendere il deposito delle motivazioni attese nei prossimi 90 giorni.