LECCE – Cinque anni di processo intervallati da un ricorso della Procura generale dopo la sentenza di assoluzione di primo grado. Ma alla fine anche i giudici d’appello si allineano con il verdetto pronunciato nel 2018 dall’allora gup Antonia Martalò nei confronti del commercialista leccese Claudio Leuci accusato di falso ideologico. L’intera faccenda ruotava attorno al concorso per la copertura di un posto da Dirigente nei ranghi della Camera di Commercio (parte civile nel giudizio con l’avvocato Bartolo Ravenna).
Dopo una lunghissima battaglia giudiziaria davanti al Giudice Amministrativo caratterizzata da numerose sentenze sempre favorevoli a Leuci, solo nel 2016, dopo tre giudizi di ottemperanza al giudicato amministrativo, furono avviate le pratiche per l’immissione in servizio da parte del Commissario ad acta. In questa sede furono richieste di nuovo le autocertificazioni già presentate nel 2003 quando venne aperto il bando e a quei tempi mai oggetto di censura (e peraltro prescritte). Il commercialista, 13 anni dopo, avrebbe ripresentato le analoghe autocertificazioni questa volte contestate perché ritenute falsificate: due missive datate giugno e settembre 2016 con cui Leuci dichiarava, secondo l’accusa, in modo del tutto errato di essere in possesso dei requisiti “di esperienza di servizio effettivo presso pubbliche amministrazioni di almeno cinque anni in una posizione funzionale per l’accesso alla quale è richiesto il possesso di diploma di laurea” e “l’assenza di altri rapporti di impiego pubblico o privato”.
Dichiarazioni mendaci a parere della procura alla luce del fatto che Leuci aveva acquisito solo esperienze di docente precario e svolgendo incarichi come commercialista di alcune società procedendo alla cancellazione dall’albo solo il 15 novembre del 2016. Leuci dovette subire anche l’onta dell’apertura di un procedimento avviato sulla scorta di una denuncia presentata proprio della Camera di Commercio, ente per il quale il commercialista anelava poter lavorare da anni.
Ma il carteggio depositato dalla difesa (avvocati Amilcare Tana e Vito Epifani) ha di fatto ristabilito la verità nonostante la battaglia abbia riservato strascichi anche sul fronte amministrativo. E proprio svariata documentazione di natura amministrativa ha regalato un successo in sede penale. In particolare l’autocertificazione con cui Leuci dichiarava l’inesistenza di situazioni di incompatibilità e l’impegno assunto a rimuovere quelle eventualmente sussistenti prima di sottoscrivere il contratto di assunzione.
Cosa che effettivamente Leuci ha fatto: richiesta di cancellazione dall’albo dei dottori commercialisti e la domanda di passaggio all’Albo dell’elenco speciale. Relativamente ai servizi prestati presso pubbliche amministrazioni, Leuci ha prodotto attestazione degli impieghi dei servizi prestati corredata da certificati rilasciati da diversi istituti scolastici presso cui i servizi erano stati effettivamente eseguiti. E sia in primo che in secondo grado tali argomentazioni hanno convinto un gup e un collegio di giudici.