Corvino: “Non solo talent scout, ho avuto tante soddisfazioni anche da giocatori che ho fatto rinascere”

LECCE – Come definirlo? Deus ex machina, Demiurgo, Talent Scout? Semplicemente il Direttore Corvino, lungimirante, proiettato al futuro per la storia del club giallorosso. Probabilmente, anzi, sicuramente, i suoi colpi di mercato garantiranno al Lecce una pagina sportiva spettacolare e, magari, qualche investimento per far crescere a tutto tondo il calcio leccese (non solo la squadra). Richiamato “in patria” dal presidente Saverio Sticchi Damiani, Corvino sta avendo ragione sulla scelta della strategia generale e sui singoli. In una intervista rilasciata al direttore Flavio De Marco ed al giornalista Antonio Bartolomucci, Corvino si racconta e racconta il momento favorevole del Lecce. Spiega come sia fondamentale e non retorico il lavoro sulla mentalità, sulla creazione di un gruppo vero, di come sia possibile in futuro una convocazione in azzurro per qualche giocatore giallorosso e di come sia importante mantenere la barra dritta anche se si è controcorrente.

Direttore, tanti i giovani emergenti in questo campionato di serie A, ma, da parte sua, da sempre anche la capacità di rivalutare campioni apparentemente in disarmo.

“Dopo anni che facciamo questo lavoro, è importante tenere conto che la qualità non ha età, però è giusto mettere insieme la miscela tra potenzialità e qualità, soprattutto poi se, quest’ultima, è conclamata. Bisogna portare nello spogliatoio una certa mentalità. Questo mi ha spesso contraddistinto, passo spesso per un talent scout ma devo dire che le mie soddisfazioni le ho prese sì da tanti giovani sconosciuti, ma anche da calciatori di età avanzata. Li ho rimessi in pista partendo proprio da queste qualità. Se ricordate riportai sul campo un calciatore che aveva messo le scarpe al chiodo e se ne era andato in vacanza. Lo chiamai gli ultimi giorni di mercato, la prima volta che il Lecce era passato dalla serie B alla serie A. Era il mio primo anno. Gli dissi di venire a Lecce per farli un contratto, senza fare una partita…ma di venire come calciatore nello spogliatoio, per dare una mano allo spogliatoio, come si suol dire. Il calciatore, mi ricordo, pensava lo stessi prendendo in giro quando gli dissi la cifra che gli avrei dato per aiutarmi con lo spogliatoio e dunque a compattare il gruppo, per aiutarmi a far crescere il collettivo che veniva dalla B o qualche giocatore, come Lucarelli, a cui serviva qualcuno che lo spronasse: io fuori dal campo e lui da dentro lo spogliatoio. Il giocatore di cui parlo è Di Carlo, diventato poi un buon allenatore. Lui ci fu di grande aiuto durante il campionato, per dare una cultura, una mentalità. Lui veniva dal Vicenza, una squadra che rimaneva sempre in serie A. Questo è stato figlio della nostra cultura, quella di unire il giovane, la gioventù all’esperienza”.

Sostituendo l’asse Gabriel, Lucioni, Coda, le critiche sono arrivate, anche la paura di sostituire questo asse intero che ci ha portato in serie A. Però, poi i fatti le danno sempre ragione.

“Il tifoso ha sempre paura di ciò che non conosce e si fida di ciò che conosce; ognuno di noi ha un ruolo. Chi lavora come responsabile, in questo caso io e Stefano Trinchera, siamo responsabili dell’aria tecnica. Dobbiamo prenderci delle responsabilità e andare contro corrente pur di portare a termine le nostre convinzioni, che a volte possono rivelarsi azzeccate e, a volte si può anche bucare, non sempre si riesce. Però è la strada giusta quando devi sforzarti per cercare qualcosa”.

Articolo tratto dal Corriere Salentino Magazine n.2 anno 5