NOCIGLIA/SCOTRRANO/SPONGANO (Lecce) – Avrebbe ferito una bambina ad un occhio mentre le suturava con un ago una lesione al mento tanto che la ragazzina fu poi costretta a ricorrere all’applicazione di un cristallino e di una lente artificiale sull’occhio danneggiato. La Corte di Cassazione , dichiarando inammissibile il ricroso della difesa, ha confermato la condanna a 5 mesi di reclusione (pena sospesa e non menzione) a carico di F.Z., un medico di 61 anni, residente a Spongano, in servizio presso il pronto soccorso dell’ospedale di Scorrano, accusato di lesioni personali colpose gravi. La sentenza, sia in primo che in secondo grado, aveva stabilito un risarcimento del danno in favore dei genitori della ragazza da quantificarsi in separata sede (parte civile con gli avvocati Arcangelo e Luigi Corvaglia) a carico dell’imputato e dell’Asl citata come responsabile civile.
Il processo è stato avviato sulla scorta delle indagini condotte dal pubblico ministero Carmen Ruggiero irrobustite dagli esiti di una consulenza dello specialista Sergio De Pascalis che fece emergere presunte responsabilità a carico del camice bianco. La vicenda si sviluppa tra Nociglia, paese di residenza della bimba (all’epoca) di 6 anni e Scorrano dove il 23 luglio del 2014 la piccola viene accompagnata dai genitori dopo una caduta accidentale in casa. Stando a quanto denunciato, il medico di turno accerta la necessità di applicare tre punti di sutura sotto il mento. A fine intervento durato un paio d’ore, in cui è presente la madre, la bambina inizia a urlare e a piangere lamentando un forte dolore all’occhio destro.
Il dottore si giustifica sostenendo che per completare l’operazione di chiusura della ferita, il filo da sutura aveva sfiorato l’occhio causando una leggera irritazione. La bimba, però, vede sfocato e nonostante la richiesta di una visita oculistica sarebbe stata dimessa e tranquillizzata. Due giorni dopo, per il persistere del dolore, la madre avrebbe anche avuto un incontro con il primario in cui le sarebbe stato detto che la figlia aveva una congiuntivite. Nel contempo invita la donna a sottoporre la piccola ad una visita presso il reparto di oftalmologia del “Vito Fazzi” dove dopo un controllo i medici avrebbero consigliato il ricovero “perchè il trauma era abbastanza grave”. Con un’ulteriore visita sarebbe stata rilevata una “piccola ferita corneale periferica non perforante”.
Il quadro clinico, però, non sarebbe migliorato. L’occhio rimane sempre molto rosso e la bambina continua a lamentarsi. Per paura che la figlia possa perdere la vista i genitori si rivolgono ad un oculista di fiducia, il dottore Andrea Palma Modoni, con studio a Maglie. Il consulto pone la coppia davanti a un bivio: la bambina deve essere ricoverata con urgenza per essere sottoposta ad un delicato intervento chirurgico. Questo perché l’occhio ha subito un grave trauma. I genitori decidono di ricoverare la figlia presso il Policlinico di Bari. Qui i medici sottopongono la minore ad una tomografia computerizzata del capo e dell’esame obiettivo dove la diagnosi è completamente differente al referto dei medici di Lecce: “ferita perforante corneale, iridoma, cataratta”.
Il calvario della piccola continua. Finisce nuovamente sotto i ferri per l’aspirazione di una cataratta e contemporaneamente all’interno dell’occhio destro le viene applicato un cristallino ed una lente artificiali. Da qui la denuncia e l’apertura del processo chiuso con una sentenza di condanna dopo l’ascolto della madre della bimba, della responsabile del pronto soccorso del Policlinico di Bari, del professore che ha operato la piccola oltre all’oculista di famiglia.
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