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Ricoverata da dieci giorni in attesa di una gastroscopia, muore insegnante: indagati due chirurghi

SALENTO – In attesa di una gastroscopia e di una colonscopia per sospetta diverticolite muore in ospedale dopo dieci giorni di ricovero. Due medici chirurghi dell’ospedale Vito Fazzi sono stati raggiunti da un avviso di conclusione nell’inchiesta sul decesso di un’insegnante di scuola elementare di 62 anni, originaria di un comune a pochi chilometri da Lecce. Per altri cinque camici bianchi, nel frattempo, sulla scorta di una doppia consulenza che doveva verificare un possibile nesso tra la condotta degli indagati e il decesso, è stata avanzata richiesta di archiviazione a cui i familiari di questa donna, tramite l’avvocato Alberto Gatto, si opporranno. Ed è stata proprio la famiglia della vittima a mettere in moto le indagini con una denuncia depositata presso la caserma del carabinieri di Lecce subito dopo la sua morte.

I fatti prendono le mosse l’8 novembre quando l’insegnante viene accompagnata in ospedale per sottoporsi ad un eco addome. A fine accertamento i medici riferiscono che l’esame non aveva fatto piena luce sui problemi della donna e che, per questo, non poteva formularsi una diagnosi. Rientrata a casa, però, la docente si sente male. Accusa problemi gastrointestinali e per giorni non riesce a mangiare: rimette di continuo e non riesce neppure ad evacuare. Quella sera stessa, così, viene nuovamente accompagnata in ospedale.

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Dopo una tac con contrasto i medici rilevano un ispessimento intestinale dovuto, probabilmente, ad infiammazione dei diverticoli. Il quadro clinico, però, non viene ritenuto preoccupante anche se precauzionalmente la donna viene ricoverata per comprendere al meglio le cause di un addome gonfio. Ricovero che avviene solo 24 ore dopo l’ingresso in pronto soccorso. Da quel momento i contatti con i familiari diventano sempre più sporadici. “Mi sento lentamente morire – racconta la donna ai parenti – non riesco a mangiare, ad evacuare e vomito”.

L’ultima telefonata con la figlia risale al 14 novembre quando le condizioni della paziente peggiorano progressivamente. Non riesce a camminare e neppure a scendere dal letto in autonomia. Per i medici, però, la situazione rimane sotto controllo. Dalla tac di contrasto non emerge nulla di grave ma si decide comunque di sottoporre la paziente ad una gastroscopia e ad una colonscopia perché l’addome globoso è probabilmente dovuto ai diverticoli infiammati. Nell’immediato, a detta dei sanitari, non sarebbe stata necessaria alcuna operazione ma poteva essere sufficiente una cura farmacologica. In realtà le condizioni della paziente continuano ad aggravarsi.

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L’insegnante non è neppure in grado di inviare un messaggio o di chiamare i medici. Nel frattempo viene intubata con un sondino naso gastrico necessario a distendere l’addome. Da quel momento la situazione precipita definitivamente. “Portatemi via da qui” dice in una delle sue ultime telefonate. Ma il giorno dopo – siamo al 18 novembre – proprio la figlia viene informata del decesso della madre per presunto infarto addominale dopo un copioso vomito di sangue scuro. Scatta così l’inchiesta che si spacchetta in due filoni ben distinti. A difendere i medici, gli avvocati Giacinto Epifani; Diego Libraro; Francesca Serafini e Luigi Covella.

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