TREPUZZI/SQUINZANO (Lecce) – Seviziarono due fratelli di Trepuzzi, di origini marocchine, per un debito di 5mila euro e nel giudizio di secondo grado i presunti responsabili ottengono uno sconto di pena. La sezione unica della Corte d’Appello di Lecce (Presidente Nicola Lariccia) ha rideterminato le pene per tre imputati: da 7 anni e 6 mesi a 5 anni per Paolo Guadadiello, di 33 anni; da 7 anni e 6 mesi a 4 anni e 3 mesi per Walter Tramacere, di 44 anni, entrambi di Squinzano; e da 7 anni e 6 mesi a 5 anni e 3 mesi per Alessandro Perrone, 31 anni, di Trepuzzi. La Corte ha dichiarato il non doversi procedere per il reato di lesioni aggravate perché estinto per prescrizione per tutti e tre gli imputati mentre Guadadiello e Tramacese sono stati assolti dall’accusa di rapina aggravata per non aver commesso il fatto. E’ rimasta in piedi invece l’imputazione di tentata estorsione aggravata dall’aver agevolato l’associazione mafiosa.
Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile di Lecce, sono state avviate nella notte del 29 giugno del 2014 quando le due vittime, i fratelli J.K. e R.K., si presentarono presso il pronto soccorso dell’ospedale “Vito Fazzi” per curare numerose lesioni da armi da taglio. J.K. riferì di essere stato avvicinato quel pomeriggio stesso da Walter Tramacere il quale gli avrebbe ordinato di rintracciare il fratello R.K. che, però, non rispondeva al telefono. J.K., a quel punto, sarebbe stato portato in una masseria di proprietà dei suoceri di Guadadiello, dove sarebbe stato sottoposto ad un primo pestaggio, al quale ne seguì un altro nei pressi del cimitero di Squinzano. Gli autori materiali sarebbero stati Tramacere e Perrone su ordine di Guadadiello.
Le violenze commesse su J.K., per convincerlo a rintracciare il fratello, sarebbero divenute più crudeli nell’abitazione della madre di Guadadiello. Questi, infatti, lo avrebbe seviziato con un coltello da cucina, procurandogli numerosi tagli al braccio ed alla mano destra. Le ferite sarebbero state poi cosparse di sale e di alcol per aumentare il dolore.
Nel corso dei successivi spostamenti Guadadiello si sarebbe preoccupato, tra l’altro, di fornire a J.K. una maglietta pulita per sostituirla con la sua ormai completamente intrisa di sangue. Nel corso della serata J.K. sarebbe stato portato da Walter Tramacere in una campagna vicino a Casalabate dove c’erano Guadadiello, Perrone ed il fratello R.K. esanime a terra a causa delle botte ricevute dopo il pestaggio.
Contro R.K. si sarebbe accanito ancora Tramacere che pretendeva il pagamento di cinquemila euro entro il giorno successivo, a ristoro di un precedente debito per permettere ad uno dei fratelli di ritornare in Marocco e, particolare agghiacciante, viste le sevizie cui erano stati sottoposti, la somma di ulteriori cinquemila euro entro il martedì successivo, per risarcirlo della “domenica sprecata”, così come riferirono nelle intercettazioni acquisite dagli investigatori. A garanzia del pagamento del debito vantato, il gruppo si impossessò infine dell’Alfa Romeo 147 dei due fratelli.
Dopo aver acquisito la denuncia delle due vittime, gli agenti della Squadra Mobile avviarono gli accertamenti riscontrando la veridicità delle loro dichiarazioni. In particolare l’analisi delle celle telefoniche impegnate confermò il loro racconto e gli spostamenti avvenuti nel corso del pomeriggio. Guadadiello era difeso dagli avvocati Andrea Capone e Giuseppe Presicce; Tramacere, dal solo Andrea Capone mentre Perrone da Ladislao Massari. Novanta giorni per conoscere il deposito delle motivazioni.