Esaminando, dopo nove giornate, le prestazioni del Lecce, mi è venuta in mente la figura mitologica di Giano raffigurato sempre con due volti opposti, uno che guarda davanti a sé e l’altro dietro.
Ma quale è il vero volto di Giano o, meglio, quale è il vero volto del Lecce? Quello casalingo, un po’ pasticcione ma anche cinico e volitivo capace di realizzare ben dieci punti in quattro partite, oppure quello esterno, elegante, appariscente al punto da imbarazzare i cronisti che ritengono, di volta in volta, quasi inadeguati i risultati ottenuti sul campo che, comunque, evidenziano un solo punto in cinque partite. E’ il Lecce casalingo, con 5 reti fatte e 2 subite, quello a cui dobbiamo credere oppure è il Lecce da trasferta con 2 reti fatte e ben 13 subite? Vi confesso il mio imbarazzo nel cercare di darmi una risposta. Eppure non è che in casa ci sia la fossa dei leoni dato il comportamento piuttosto tiepido del pubblico! Oppure si può ipotizzare, più ragionevolmente, che la squadra non abbia ancora ancora trovato la sua dimensione né la sua identità essendoci molti disequilibri tattici che condizionano determinate prestazioni.
La partita di Roma è stata in tal senso, emblematica. Un primo tempo giocato abbastanza bene, con la possibilità anche di andare in vantaggio con la, direi occasionale, traversa di Corvia , grazie al comportamento di una Roma inguardabile e spaventata, con grossi problemi di spogliatoio e di rapporto con il pubblico. Ho pensato che questa fosse la volta buona per il “colpaccio” che in serie A è sempre necessario. Ma nello stesso tempo non si poteva non vedere una anomalia tattica, già evidenziata altre volte, che vedeva il generoso Vives “immolato” in un posto ormai dichiaratamente non suo; sentire il cronista affermare che Ranieri raccomandava a Vucinic di non retrocedere, nonostante le difficoltà della squadra, e vedere che, quasi sempre, sia i difensori, Cassetti in particolare, sia Brighi, “tagliavano” sempre verso lo stesso Vucinic che, non è vero che fosse ispirato, ma, semplicemente veniva “marcato” male, mi faceva montare la rabbia in corpo anche perché non potevo esimermi dal constatare di come lo stesso giocatore,certamente non al top della forma, avesse fallito un paio di occasioni colossali e di come Rosati avesse fatto due o tre interventi strepitosi.
Al tirar delle somme si è trattato di una partita finita “solo” 2 a 0 perché, è non è fantacalcio pensare che potesse anche finire con un passivo simile a Milano e Torino, in ossequio al principio che con le grandi bisogna beccarne quattro.
Capisco che possa anche essere giusto non alterare il proprio gioco contro una grande, ma riproporre gli stessi errori delle volte precedenti non mi sembra molto illuminante. Forse sembra chiaro che alcuni giocatori non rientrano nel disegno di De Canio (sarà, comunque, interessante sapere chi li ha “voluti”!), ma vedere che, per obbiettive necessità emergenziali della difesa, si debba ricorrere a Vives terzino ed a Giuliatto centrale, mi sembra piuttosto azzardato.
Voglio scoprire l’acqua calda ed allora mi chiedo: il Lecce è considerata società sempre corretta nel pagamento degli stipendi e, quindi, presumo, che corrisponda anche correttamente lo stipendio a Diamoutene, Donati, Rispoli, Brivio. Possibile che con una difesa a pezzi non ci sia posto per un Diamoutene? Ma allora perché averne tanti?
Per nostra fortuna, questo comportamento, seppure squilibrato come comportamento casalingo ed esterno, ci tiene bene in linea di galleggiamento ma, non vorrei che prima o poi pagassimo anche noi dazio con una serie consecutiva di sconfitte che potrebbero pregiudicare il nostro cammino (vds. comportamenti di Cesena, Brescia, Bari).
Speriamo che il gioco, alla lunga, riesca ad imporsi, ma non dimentichiamoci che ci toccheranno il Bologna e l’Udinese (in netta ripresa) fuori e l’Inter (sparagnina e fortunata come a Cagliari e Genova) e la Sampdoria in casa. Per andar bene dovremmo poter fare sei punti altrimenti potrebbe proporsi qualche problema.
A De Canio ed alla squadra l’onere di fare anche meglio!