La Direzione Investigativa Antimafia (DIA), con la collaborazione del comando provinciale dei carabinieri di Lecce, ha sequestrato beni per un totale di 1.600.000 euro appartenenti a Giovanni Mazzotta, 46 anni di Monteroni.
Mazzotta, che era soprannominato “Gianni Conad” perché negli anni si è sempre occupato di gestire supermercati, era legato al clan Tornese di Monteroni e aveva già scontato una pena nel 1997 di 4 anni e 6 mesi per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti, nell’ambito di un’operazione delle forze di polizia denominata “Due Mari” e che all’epoca portò all’arresto di 64 persone tra cui i famosi fratelli Tornese.
Il provvedimento di sequestro di oggi è stato emesso dal Tribunale di Lecce, su richiesta del procuratore della repubblica Cataldo Motta, a conclusione di una lunga e complessa serie di indagini, nata dalla sospetta sproporzione tra il reddito dichiarato da Giovanni Mazzotta e l’effettivo patrimonio a disposizione, tra beni e attività.
Sono stati infatti posti sotto l’autorità giudiziaria 7 supermercati, appartenenti a tre società intestate alla consorte Ivana Candini, alla ex-convivente Barbara Spedicato e a Matteo D’Agostino che faceva da prestanome. Le società di fatto, erano gestite da Mazzotta, dimostrando così le intestazioni fittizie con cui si celavano le ingenti entrate nel patrimonio del pregiudicato.
Dei supermercati 5 sono di Leverano: un Metà in via Fratelli Bandiera, un Gulliper in Via Aldo Moro, un Pam e un Mondo Casa in via XXIV Maggio e un market privato in via Cazzella. Gli altri due si trovano a Nardò in via Martiri Neretini e a Maglie in via Vittorio Emanuele.
Il procuratore Motta ha specificato che non verranno chiusi ma saranno gestiti dall’autorità giudiziaria per permettere ai dipendenti che lavorano di continuare la propria occupazione.
Sequestrati anche 4 immobili e un appezzamento di terreno tra Monteroni e contrada San Filio Saetta, per un totale di 1.600.000 euro che Mazzotta celava al fisco.
“Azioni come queste sono un duro colpo alla malavita,” spiega il procuratore Motta, “perché abbiamo constatato che privare dei beni fa più male del privare la libertà personale. Il sequestro preventivo è uno strumento indispensabile.”
Soddisfazione anche per la stretta collaborazione che la Dia ha avuto con i carabinieri di Lecce, che lo stesso Motta ha dichiarato “motivo di orgoglio”.