Per questa settimana ho deciso di cambiare argomento, anche perché a volte è necessaria una pausa nelle menti di coloro che scrivono, e di trattare un argomento particolare quale appunto quello delle rievocazioni storiche.
Specialmente durante la stagione estiva, infatti, le nostre amministrazioni si sbizzarriscono nell’organizzazione di una serie di eventi storici, riconducibili ad altrettanti episodi realmente accaduti che, purtroppo, molto spesso hanno molto poco di storico e tante incongruenze, nonostante il successo di pubblico, ahimè ignorante, che riscuotono. Non voglio apparire polemico, per carità, ma una rievocazione deve avere una base storica su cui poggiare, altrimenti è fantascienza. Per citarne alcune, sicuramente valida è la rievocazione della Battaglia di Bitonto, che si tiene annualmente nella cittadina del barese, e che meriterebbe una maggiore attenzione da parte del pubblico regionale e non solo, perché legata ad un episodio che sancì la ritrovata indipendenza del Regno di Napoli. Altrettanto interessante è la rievocazione della Disfida di Barletta. Ma veniamo adesso a parlare delle rievocazioni di ispirazione medievale e rinascimentale perché proprio in queste si manifestano i più eclatanti paradossi storici. Prima cosa da notare è la presenza di gruppi di sbandieratori, che nella nostra regione hanno aperto una varietà di scuole ma che, ahimè, non hanno nulla da spartire con la cultura del meridione d’Italia, essendo legate alla realtà comunale dei secoli XIII e XIV in Toscana, Umbria e parte delle Marche. Circa una settimana or sono nelle vie di Lecce si assisteva ad un megacorteo di damine e cavalieri, farcito da sbandieratori. Non ho capito l’argomento della rievocazione ma dubito che la Lecce antica abbia mai visto sbandieratori. Oria celebra da anni le nozze di Federico II di Svevia con Isabella di Brienne, con un grande e suggestivo corteo, nel quale la parte dell’Imperatore viene impersonificata da un aitante attore, ogni anno diverso. Peccato, però, che in occasione di quelle nozze il Puer Apuliae non fosse stato presente nella città, in quanto le nozze furono celebrate per procura. Ma questi sono ancora trascurabili dettagli che non vogliono minimamente rovinare la teatralità della suggestiva rievocazione. L’assurdo, però, si rileva ad Acaja, piccolo centro sorto fra il XV ed il XVI secolo, ad opera dell’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaja, quale piazzaforte militare, che nel mese di settembre di qualche anno or sono, non sono informato se la cosa continua ancora oggi, vedeva le strade popolarsi degli immancabili sbandieratori esistiti due secoli prima della fondazione del paese ad 800 km circa di distanza, e di damine e cavalieri degni della corte di Re Artù, così come descritti nei racconti del ciclo Brettone. Ma lasciatemi ancora disquisire di un’altra rievocazione, che mi vide spettatore circa un anno fa, riguardante la presa turca di Otranto del 1480, al cui accesso era anche richiesto il pagamento di un biglietto. Fra gente festante et plaudente, eccoci proiettati in un simpatico mercatino ispirato a quelli del XII secolo, con baracche di venditori prodotti tipici dei giorni nostri, alternati a tende da campo per cavalieri crociati, con tanto di croci templari sugli scudi, a dispetto del fatto che le crociate si erano tragicamente concluse circa duecento anni prima la presa di Otranto, mentre l’Ordine del Tempio era stato sospeso con la bolla Vox in Excelso solo qualche anno dopo. Ma ecco, lo spettacolo ha inizio con gli immancabili sbandieratori che nel 1480 erano già estinti in Toscana, figuriamoci in Terra d’Otranto. Segue poi un magnifico duello fra cristiani e turchi, conclusosi con l’ovvia vittoria dei primi dopo pochi minuti. Non un accenno ai giorni di assedio, alle potenti artiglierie ottomane, alla strage nella cattedrale, al dramma degli 800 martiri ed al dominio turco sulla città, durato un anno. A conclusione dello spettacolo ecco un reparto di archibugieri spagnoli del XVII secolo, dare un saggio delle loro qualità. Insomma, per fare un paragone, sarebbe come rievocare l’Unità Italiana, cominciando con un mercatino della Napoli spagnola del XVII secolo, una fanfara di soldati della Repubblica Cisalpina di napoleonica memoria, un’esibizione bellica relativa alla guerra di trincea nel 1916, e perché no, un saggio delle qualità strategico-tattiche delle forze impegnate in Afghanistan. Non dimenticare mai gli sbandieratori, quelli li si mette dappertutto, anche se non appartengono alla nostra cultura.
Sarebbe forse il caso che gli organizzatori di tali eventi si affidassero alla consulenza di esperti storici, piuttosto che cadere nel ridicolo agli occhi di chi ha cultura in materia.
Cosimo Enrico Marseglia