Per il fisco italiano gatti, cani, furetti e tutti gli animali da compagnia sono considerati un bene di lusso. L’agenzia delle entrate ha inserito le spese veterinarie tra le sette categorie del nuovo redditometro sperimentale che servirà a smascherare gli evasori fiscali attraverso controlli incrociati a campione
su spese e redditi percepiti. Dunque le cure per i nostri animali sono equiparate a case, viaggi, yatch o auto di lusso.
Tutto questo appare inammissibile per il ministro Michela Vittoria Brambilla: “Sembra davvero incredibile la scarsa conoscenza, da parte di coloro che hanno effettuato tale elenco, del ruolo che gli animali domestici hanno da tempo assunto nel nostro paese come nel resto d’Europa”. Anche il Presidente dell’Associazione dei Veterinari Italiani Marco Meloni si scaglia contro la classificazione dell’Agenzia delle Entrate, sostenendo il ruolo sociale svolto dagli animali d’affezione e sottolinea l’importanza e soprattutto l’obbligo dei proprietari di avere cura dei propri animali per garantirne il benessere, proprio come previsto dalla Legge Italiana. La cultura della prevenzione deve essere promossa a tutti i livelli e persino agevolata. Considerando le cure veterinarie e tutto ciò che ne è correlato alla stessa stregua di un’auto sportiva, l’iva sul cibo per animali e sulle cure mediche è attualmente ai massimi livelli storici (21%). Allo stesso modo le detrazioni sulle vaccinazioni essenziali e obbligatorie, sulla prevenzione delle malattie trasmissibili all’uomo e sulla sterilizzazione per contrastare il randagismo sono in continua riduzione.
Questo avviene oggi in Italia! Tutto ciò mentre il Parlamento Europeo incoraggia misure veterinarie per combattere il randagismo, il Trattato di Lisbona riconosce gli animali come esseri senzienti e cioè con coerente diritto alla salute e la Commissione Europea legifera in favore del benessere degli animali.
Pamela Villani